Lucrezio
inizia il primo libro del suo poema con l’invocazione a Venere, dea della
bellezza, ma qui evidente personificazione della Natura creatrice, che può
portare agli uomini – oltre la vita – la pace. La verità sulla Natura,
individuata da Epicuro, è lo strumento che può liberare gli uomini dal dolore:
cosí Lucrezio, dopo aver invocato Venere, elogia Epicuro, il filosofo che ha
sottratto gli uomini alla paura della religione.
a) Invocazione a Venere (De rerum natura,
I, 1-9 e 31-40)
1 Aeneadum genetrix, hominum divumque
voluptas
2 alma Venus, caeli subter labentia
signa
3 quae mare navigerum, quae terras
frugiferentis
4 concelebras, per te quoniam genus
omne animantum
5 concipitur visitque exortum lumina
solis:
6 te, dea, te fugiunt venti, te
nubila caeli
7 adventumque tuum, tibi suavis
daedala tellus
8 summittit flores, tibi rident
aequora ponti
9 placatumque nitet diffuso lumine
caelum.
[...]
31 Nam tu sola potes tranquilla pace
iuvare
32 mortalis, quoniam belli fera moenera
Mavors
33 armipotens regit, in gremium qui
saepe tuum se
34 reicit aeterno devictus vulnere
amoris,
35 atque ita suspiciens tereti cervice
reposta
36 pascit amore avidos inhians in te,
dea, visus,
37 eque tuo pendet resupini spiritus
ore.
38 Hunc tu, diva, tuo recubantem corpore
sancto
39 circumfusa super, suavis ex ore
loquellas
40 funde petens placidam Romanis,
incluta, pacem.
1. Madre
degli Eneadi, gioia piena di uomini e dèi,
2. alma
Venere, sotto gli astri che scorrono in cielo
3. popoli
il mare ricco di navi, e la terra che arreca
4. le
messi: attraverso di te infatti ogni stirpe di
viventi
5. è
concepita, e scorge, nata, la luce del Sole:
6. te, o
dea, te fuggono i venti, e le nubi del cielo
7. il tuo
giungere: per te la terra creatrice
8. sparge
il suolo di fiori, per te sorride la piana del mare
9. tornato
il sereno, brilla il cielo di luce uniforme.
[...]
31. Tu
sola infatti puoi con pace serena giovare
32. ai
mortali, in quanto i terribili atti di guerra domina
33. Marte,
potente nell’armi, lui che spesso sul tuo grembo,
34. s’abbandona,
colpito da ferita d’amore che dura per
sempre;
35. e
cosí, reclinato il collo ben fatto, guarda in alto
36. e
sazia d’amore sguardi desiosi a te, o dea, rivolgendo,
37. cosí
riverso, e alla tua bocca ne è sospeso il sospiro.
38. Quando,
o dea, egli riposa sul tuo santo corpo,
39. volgiti
sopra di lui, e dolci parole dalla tua bocca
40. fa’
sgorgare, e domanda, o inclita, per i Romani pace serena.
b) Elogio di Epicuro (De rerum natura,
I, 62-79)
1 Humana ante oculos foede cum vita
iaceret
2 in terris oppressa gravi sub
religione
3 quae caput a caeli regionibus
ostendebat
4 horribili super aspectu mortalibus
instans,
5 primum Graius homo mortalis tollere
contra
6 est oculos ausus primusque
obsistere contra,
7 quem
neque fama deum nec fulmina nec minitanti
8 murmure compressit caelum, sed eo
magis acrem
9 irritat animi virtutem, effringere
ut arta
10 naturae primus portarum claustra
cupiret.
11 Ergo vivida vis animi pervicit, et
extra
12 processit longe flammantia moenia
mundi
13 atque omne immensum peragravit mente
animoque,
14 unde refert nobis victor quid possit
oriri,
15 quid nequeat, finita potestas denique
cuique
16 quanam
sit ratione atque alte terminus haerens.
17 Quare religio pedibus subiecta
vicissim
18 obteritur, nos exaequat victoria
caelo.
1. La
vita dell’uomo, dinanzi agli occhi di tutti, vergognosamente stava
2. abbattuta
in terra, schiacciata sotto Religione opprimente,
3. che
il capo delle regioni del cielo mostrava,
4. con
sguardo terrificante incombendo sopra i mortali:
5. e
allora per primo un uomo di Grecia gli occhi mortali contro
6. di
lei osò alzare, primo ergersi contro;
7. lui,
né reputazione degli dèi, né fulmini, né, con minaccioso
8. borbottio,
il Cielo, lo trattennero, ma ancora di piú l’aggressiva
9. forza
dell’animo eccitarono, sí ch’egli bramasse svellere,
10. per
primo, le sbarre chiuse delle porte di Natura.
11. Dunque
la forza vigorosa dell’animo ebbe vittoria, e lontano
12. avanzò,
al di là delle mura del mondo che gettano fiamme,
13. e
l’Infinito tutto percorse con la ragione e con l’animo:
14. da lí
a noi riferisce, vittorioso, ciò che possa aver nascita,
15. ciò
che non possa, per quale legge infine abbia, ogni cosa,
16. campo
d’azione determinato, e confini infissi nel profondo:
17. perché
Religione, gettata sotto i piedi, a sua volta
18. è
schiacciata, la vittoria noi rende uguali al Cielo.
(Tito Lucrezio Caro, La natura
delle cose, Mondadori, Milano, 1992, pagg. 2-5; 6-7)