La società
è costituita da “immense nebulose di materiali linguistici”, non riducibili ad
un modello unico. Essa non è quindi paragonabile al mondo delle scienze, nel
quale sono ancora possibili regole prescrittive.
J. F. Lyotard, La condizione postmoderna
L’interrogativo generale della legittimazione diviene: qual è il rapporto fra l’antimodello offerto dalla pragmatica scientifica e la società? È possibile applicare tale modello alle immense nebulose di materiali linguistici che costituiscono le società? Oppure esso resta limitato al gioco cognitivo? Ed in tal caso qual è il suo ruolo nei confronti del legame sociale? Ideale inaccessibile di comunità aperta? Componente indispensabile del sottosistema dei decisori, che accetta per la società quel criterio di performatività che rifiuta per se stesso? O, al contrario, rifiuto di collaborazione col potere e passaggio alla controcultura, col rischio dell’estinzione di ogni possibilità di ricerca per mancanza di credito?
Fin dall’inizio di questo studio, abbiamo sottolineato la differenza non solo formale, ma pragmatica, che separa i diversi giochi linguistici, in particolare quelli denotativi o cognitivi, e quelli prescrittivi o legati all’azione. La pragmatica scientifica è fondata sugli enunciati denotativi, è in forza di ciò che essa dà luogo alle istituzioni della conoscenza (istituti, centri, università, ecc.). Ma il suo sviluppo postmoderno pone in primo piano un “fatto” decisivo: che anche la discussione di enunciati denotativi esige delle regole. Ora le regole non sono enunciati denotativi, ma prescrittivi, che meglio sarebbe chiamare metaprescrittivi per evitare confusioni (essi prescrivono come debbano essere le mosse dei giochi linguistici perché siano ammissibili). L’attività differenziante, o immaginativa o paralogica nell’attuale pratica scientifica, ha la funzione di far emergere queste metaprescrizioni (i “presupposti”) e di farne accettare altre agli interlocutori. Ciò che in fin dei conti può legittimare tale accettazione è solo che ne nascano delle idee, cioè dei nuovi enunciati.
La pragmatica sociale non ha la “semplicità” di quella scientifica. È un mostro formato dalla embricazione di reti, di classi, di enunciati eteromorfi (denotativi, prescrittivi, performativi, tecnici, valutativi, ecc.). Non vi è alcun motivo di pensare che sia possibile determinare metaprescrizioni comuni a tutti questi giochi linguistici e che un consenso rivedibile, come quello che regna in un dato momento nella comunità scientifica, possa comprendere l’insieme delle metaprescrizioni che regolano il complesso degli enunciati che circolano nella collettività. È anche all’abbandono di questa credenza che è legato l’attuale declino delle narrazioni legittimanti, siano esse tradizionali o “moderne” (emancipazione dell’umanità, divenire dell’Idea). È parimenti la perdita di questa fede che l’ideologia del “sistema” si appresta ad un tempo a colmare con la sua pretesa totalizzante e ad esprimere col cinismo del suo criterio di performatività.
J. F. Lyotard, La condizione postmoderna,
Feltrinelli, Milano, 1982, pagg. 117-118