In Heidegger la relazione etica, il Miteinandersein, l'essere-con-altri, non è che un momento della nostra presenza del mondo. Non occupa il posto centrale. Mit è sempre essere- accanto-a... non è l'approccio al Volto, è zusammensein, forse zusammenmarchieren è [...] non potrei disconoscere la grandezza speculativa di Heidegger. Ma nelle sue analisi gli accenti sono spostati altrove. Ripeto, sono analisi geniali, ma cosa significa nella sua teoria della Befindlichkeit la paura per altri? Secondo me è un momento essenziale: io penso appunto che temere Dio significhi anzitutto avere paura per altri. La paura per altri non rientra nell'analisi heideggeriana della Befindlichkeit perché in questa teoria -- molto interessante, della doppia intenzionalità -- ogni emozione, ogni paura è in fin dei conti emozione per sé, paura del cane ma angoscia per sé. E il timore per l'altro? [...] Evidentemente può essere interpretato come il timore per sé, con il pretesto che temendo per l'altro io posso temere di trovarmi nella sua situazione. Tuttavia non è la stessa cosa il timore per l'altro: la madre che ha paura per il bambino, o anche ciascuno di noi che ha paura per l'amico, che teme per l'altro. (Ma qualsiasi altro uomo è amico, capisce?). Come, per caso, certi versetti del capitolo 19 del Levitico che terminano con «E tu temerai Dio», riguardano i divieti di cattiva azione relativa all'altro uomo. La teoria della Befindlichkeit non è forse troppo sbrigativa qui?
[Levinas, Tra noi. Saggi sul pensare-all'altro, a cura di E. Baccarini, Jaca Book, Milano 1998, «Filosofia, giustizia e amore», pp. 137-156]