Il mito di
Pandora indica, come racconta Esiodo, che la speranza è un male, anche se di
tipo particolare, distinto dagli altri mali che sono racchiusi nel vaso di
Pandora. Essa è un male che sembra tuttavia buono, perché la speranza induce
sempre ad attendere qualcosa di meglio. Eppure sembra vano aspettarsi un futuro
migliore, perché difficilmente si dà un futuro che, quando diviene attuale, non
deluda le nostre speranze. Le speranze dell’uomo sono “cieche”, cioè irrazionali
ed erronee, ingannevoli e illusorie. Tuttavia l’uomo mortale non può vivere
senza questo precario dono di Giove, così come non può vivere senza il fuoco, il
dono rubato da Prometeo. Se rimanesse senza speranze, de-sperans, egli si
dispererebbe nella sua disperata situazione. L’opinione più diffusa
nell’antichità era che la speranza è un’illusione che aiuta l’uomo a sopportare
la vita, ma in sostanza è un ignis fatuus. Se d’altro lato Paolo condannava la
società pagana proprio perché non possedeva la speranza, egli intendeva
evidentemente una speranza il cui valore e la cui garanzia sono dati dalla fede
cristiana, e non da un’illusione mondana”.
(Karl Löwith, Significato e fine della storia, Edizioni di Comunità, pp. 233-234)