LAKATOS, Dimostrazioni e confutazioni
Nella storia del pensiero accade spesso, con la comparsa di un metodo nuovo e potente, che lo studio dei problemi che possono essere trattati con tale nuovo metodo progredisca rapidamente e attiri l'interesse generale, mentre si tende a trascurare gli altri problemi o addirittura a dimenticarli: occuparsene è considerato di poco conto.
Nel nostro secolo sembra che una situazione del genere si sia presentata nella filosofia della matematica, in conseguenza del dinamico sviluppo della metamatematica.
Oggetto di studio della metamatematica è un'astrazione dalla matematica, un'astrazione che sostituisce a teorie matematiche sistemi formali, a dimostrazioni certe sequenze di formule ben formate, a defizioni "stratagemmi abbreviativi" che sono "teoricamente non necessari" ma "tipograficamente convenienti". Questa astrazione è dovuta a Hilbert, che si proponeva di approntare una potente tecnica per trattare certi problemi di metodologia della matematica. Nello stesso tempo vi sono problemi che non rientrano nel dominio delle astrazioni metamatematiche. Tra questi, tutti i problemi che concernono la matematica informale (inhaltliche) e il suo sviluppo e tutti i problemi che riguardano la logica concreta della soluzione di problemi matematici.
Mi riferirò alla scuola di filosofia matematica che tende a identificare la matematica con la sua astrazione assiomatico-formale (e la filosofia della matematica con la metamatematica) come alla scuola "formalista". Una delle formulazioni piú nette di tale posizione formalista si trova in Carnap [1937]. Ecco le richieste di Carnap: (a) "la filosofia deve essere sostituita dalla logica della scienza...", (b) "la logica della scienza non è altro che la sintassi logica del linguaggio della scienza ...", (c) "la metamatematica è la sintassi del linguaggio matematico" (pp. xiii e 9 [pp. 16 e 37]). Dunque alla filosofia della matematica va sostituita la metamatematica.
Il formalismo separa la storia della matematica dalla filosofia della matematica, in quanto, stando alla concezione formalista della matematica non esiste storia della matematica propriamente detta. Qualunque formalista sarebbe in fondo d'accordo con l'osservazione di Russell, enunciata nel modo "piú romantico possibile", ma intesa seriamente, secondo cui The Laws of Thought (Le leggi del pensiero, 1854), di Boole era "il primo libro che mai fosse stato scritto sulla matematica". Il formalismo nega lo status di matematica alla maggior parte di ciò che comunemente si è sempre inteso come matematica e non riesce a dire nulla sul suo sviluppo. Nessun periodo "creativo" e pochissimi periodi "critici" delle teorie matematiche sarebbero ammessi nel paradiso dei formalisti, ove le teorie matematiche dimorano come serafini, purificate da tutte le impurità dell'incertezza terrena. Però i formalisti, in genere, lasciano aperta una piccola porta di servizio per gli angeli caduti: se per qualche "miscuglio di matematica e qualcos'altro" capita che si riesca a trovare un sistema formale "che in un certo senso l'includa", allora lo si può anche ammettere (Curry [1951], pp. 56-7). Cosí Newton dovette attendere secoli perché Peano, Russell e Quine, formalizzando il calcolo, lo aiutassero a entrare in paradiso. Dirac è stato piú fortunato: Schwartz ha salvato la sua anima mentre era ancora in vita. Forse è bene accennare qui alla situazione paradossale in cui si trova il metamatematico: secondo gli standard formalisti, e anche secondo quelli deduttivisti, egli non è un autentico matematico. Dieudonné parla di "assoluta necessità per ogni matematico che abbia a cuore l'onestà intellettuale" (corsivo mio) di presentare i suoi ragionamenti in forma assiomatica ([1939], p. 225).
Sotto l'attuale dominio del formalismo si è tentati di parafrasare Kant: la storia della matematica, senza la guida della filosofia, è diventata cieca, mentre la filosofia della matematica, volgendo le spalle ai piú interessanti fenomeni della storia della matematica, è diventata vuota.
Il "formalismo" è un baluardo della filosofia del positivismo logico. Un asserto, secondo il positivismo logico, è significante solo se è o "tautologico" o empirico. Dal momento che la matematica informale non è né tautologica né empirica, deve essere senza significato, un mero nonsenso. I dogmi del positivismo logico hanno recato danno sia alla storia sia alla filosofia della matematica.
Scopo di questi saggi è affrontare alcuni problemi di metodologia della matematica. Adopero la parola "metodologia" in un senso simile all'"euristica" di Polya e di Bernays e alla "logica della scoperta scientifica" o "logica situazionale" di Popper. La recente espropriazione del termine "metodologia della matematica" per usarlo come sinonimo di "metamatematica" ha sicuramente un'impronta formalista. Indica che nella filosofia della matematica formalista non c'è posto per una metodologia intesa come logica della scoperta. Secondo i formalisti la matematica coincide con la matematica formalizzata. Ma che cosa si può scoprire in una teoria formalizzata? Due generi di cose. In primo luogo, si può scoprire la soluzione di problemi che una macchina di Turing, convenientemente programmata, può risolvere in un tempo finito (per esempio, problemi come: una presunta dimostrazione è davvero una dimostrazione o no?). Nessun matematico ha interesse nel seguire l'arido "metodo" meccanico prescritto da tali procedure di decisione. In secondo luogo, si può trovare la soluzione di problemi (come per esempio: è una data fonnula di una teoria non decidibile un teorema o no?) in cui si può essere guidati solo dal "metodo del libero intuito e della buona fortuna".
Ora, questa frustrante alternativa tra il razionalismo di una macchina e l'irrazionalismo di un cieco tirare a indovinare non esiste per la matematica viva: un'indagine di matematica informale produrrà per i matematici militanti una fertile logica concreta che non è né meccanica né irrazionale, ma che non può ricevere alcun riconoscimento e ancor meno alcuno stimolo dalla filosofia formalista.
La storia della matematica e la logica della scoperta matematica, cioè la filogenesi e la ontogenesi del pensiero matematico, non possono essere sviluppate senza la critica e il definitivo rifiuto del formalismo.
Ma la filosofia formalista della matematica ha radici molto profonde. È l'ultimo anello della lunga catena delle filosofie dogmatiche della matematica. Per piú di duecento anni c'è stata una disputa tra dogmatici e scettici. I dogmatici sostengono che - attraverso il nostro umano intelletto e/o i sensi - possiamo raggiungere il vero e sapere di averlo raggiunto. Dall'altra parte gli scettici sostengono che non possiamo affatto raggiungere il vero (se non grazie a un'esperienza mistica) e che non siamo in grado né di sapere se possiamo raggiungerlo né di avere la certezza di averlo raggiunto. In questa grande disputa, le cui argomentazioni sono state molto spesso aggiornate, la matematica è stata la roccaforte del dogmatismo. Ogni volta che il dogmatismo matematico dell'epoca entrava in "crisi", una nuova versione forniva ancora una volta l'autentico rigore e i fondamenti definitivi, ripristinando cosí l'immagine di una matematica autorevole, infallibile, inconfutabile, "la sola scienza che finora è piaciuto a Dio di largire all'umanità" (Hobbes [1651], p. 15 [341). La maggior parte degli scettici si rassegnò all'inespugnabilità di questa fortezza dell'epistemologia dogmatica. È proprio ora di rimettere in discussione questo dogma.
Sostanzialmente questo resoconto di un caso storico metterà in questione il formalismo matematico ma non discuterà direttamente le posizioni fondamentali del dogmatismo matematico. Suo obiettivo, piú modesto, è sviluppare la tesi che la matematica informale, quasi-empirica, non si sviluppa attraverso un monotono aumento del numero di teoremi stabiliti in modo indubitabile, ma attraverso il continuo miglioramento delle congetture ottenuto mediante la riflessione e la critica, con la logica delle dimostrazioni e delle confutazioni. Tuttavia, dal momento che la metamatematica è un paradigma della matematica informale, quasi-empirica, oggi in rapido sviluppo, questo saggio sarà di conseguenza una sfida anche al moderno dogmatismo matematico. Gli studiosi della storia recente della metamatematica ritroveranno nell'oggetto dei loro studi gli schemi qui illustrati.
La forma dialogica riflette la dialettica della storia; vuole essere una specie di storia razionalmente ricostruita o "distillata". Faremo invece riferimento alla storia reale nelle note, la maggior parte delle quali andranno dunque intese come parte organica del saggio.
(Imre Lakatos, Dimostrazioni e confutazioni, Introduzione)