LOCKE, SULLA PROPRIA ESISTENZA

 

Quanto alla nostra propria esistenza, la percepiamo in modo così evidente e certo che essa, né ha bisogno, né è suscettibile di alcuna prova. Poiché nulla può essere più evidente a noi stessi della nostra propria esistenza. Io penso, ragiono, sento piacere e dolore: forse che alcuna di queste cose può essermi più evidente della mia stessa esistenza? Se dubito di tutte le altre cose, quello stesso dubbio mi fa percepire la mia propria esistenza, e non mi permetterà di dubitarne. Poiché, se so di sentire un dolore, è evidente che ho una percezione altrettanto certa della mia propria esistenza quanto dell’esistenza del dolore che avverto; o, se so di dubitare, ho una percezione altrettanto certa dell’esistenza della cosa che dubita quanto di quel pensiero che chiamo un dubbio. È dunque l’esperienza a convincerci che abbiamo una conoscenza intuitiva della nostra stessa esistenza, e una percezione interiore infallibile del fatto che esistiamo. In ogni atto di sensazione, di ragionamento o di pensiero, siamo consapevoli di fronte a noi stessi del nostro essere, e, su questo punto, non manchiamo di attingere il più alto grado di certezza.

 

(Locke, Saggio sull’intelligenza umana, libro IV, 9)