LUCIANO DI SAMOSATA, DAL PUNTO DI VISTA DEL CICLOPE
Sorpresi nella mia grotta, dopo essere ritornato dal pascolo, molti individui che evidentemente stavano insidiando le pecore; dopo che infatti ebbi messo alla porta il coperchio - è una roccia enorme - ed ebbi acceso il fuoco, dopo aver bruciato un albero che avevo portato dalla montagna, apparve chiaramente che essi stavano cercando di nascondersi: allora io, raccoltine alcuni, li mangiai, com'era naturale, visto che erano ladri. Allora quello più mascalzone, o che fosse Nessuno o che fosse Odìsseo, mi diede da bere, dopo avermelo versato, un qualche veleno, dolce e profumato, ma insidiosissimo e terribilmente sconvolgente: infatti, subito dopo che ebbi bevuto, mi sembrava che tutto mi girasse intorno e la spelonca stessa si capovolse e insomma non ero più in me stesso, ed alla fine piombai nel sonno. Allora lui, dopo aver appuntito il palo, ed averlo arroventato per di più, mi accecò mentre dormivo, e da allora sono cieco.
(Luciano, Dialoghi marini, 2.2 1-17)