C. Padre, che mali ho sofferto da quel maledetto straniero che, dopo avermi ubriacato mi accecò avendomi assalito mentre dormivo
P. Chi era dunque colui che osò fare queste cose, Polifemo?
C. Da principio diceva di chiamarsi Nessuno, e dopo che fuggì via ed era fuori tiro dai dardi disse di chiamarsi Odisseo.
P. Conosco chi tu dici, l’itacense, tornava da Troia per mare; ma come riuscì a fare queste cose, visto che non era neppure troppo coraggioso?
C. Sorpresi nella grotta di ritorno dal pascolo molti uomini, che tendevano insidie evidentemente alle greggi; quando infatti gettai sulla soglia il coperchio – ed era una pietra enorme – e riaccesi il fuoco bruciando l’albero che portavo dal monte, apparvero mentre tentavano di nascondersi: ma io, afferratone alcuni, come era naturale li inghiottii, perché era chiaro che si trattava di ladri. Allora quel maledettissimo, che fosse Nessuno o Odisseo, mi dà da bere un veleno dopo averlo versato, dolce e profumato, ma molto insidioso e davvero sconvolgente; infatti subito tutte le cose mi sembravano girare intorno dopo aver bevuto e la grotta stessa si capovolgeva e non ero più totalmente in me; sprofondai alla fine nel sonno. E quello, acuminato il palo e resolo pure incandescente, mi cavò l’occhio mentre dormivo e da allora eccomi cieco, Poseidone.
P. Come dormisti profondamente, figlio, da non balzare su mentre venivi accecato! Allora dunque Odisseo come ti sfuggì? So infatti che non avrebbe potuto smuovere la pietra dalla soglia
C. Ma sono stato io a rimuoverla, per catturarlo meglio mentre usciva, e sdraiandomi presso la soglia lo cercavo con le mani protese, lasciando andare solo le pecore al pascolo, dopo aver ordinato al montone di fare lui al mio posto ciò che era necessario.
P. Comprendo: uscirono di nascosto sotto le pecore; ma bisognava che tu chiamassi gli altri ciclopi contro di lui.
C. Li chiamai, padre, e vennero: ma quando mi domandarono il nome dell’aggressore e io dissi che era Nessuno, credendomi pazzo se ne andarono allontanandosi. Così mi ingannò il maledetto con la faccenda del nome. E quello che più mi fece arrabbiare fu che disse rinfacciandomi la sventura: “nemmeno tuo padre Poseidone ti curerà”.
P. Fatti coraggio, figlio; lo punirò, infatti, perché, anche se non posso curare la cecità degli occhi, però i destini dei naviganti – salvarli o farli morire – sono roba mia: egli naviga ancora.
(Luciano di Samosata, Dialoghi marini)