C’è l’abitudine di lodare il
tempo antico, ma in realtà confrontare le varie epoche storiche è molto
difficile, perché si ha la tendenza a idealizzare il passato. “E pensando io
come queste cose procedono, giudico il mondo sempre essere stato ad uno
medesimo modo”.
N. Machiavelli, Discorsi sopra
la prima Deca di Tito Livio, II, Proemio
Laudano sempre gli uomini, ma non
sempre ragionevolmente, gli antichi tempi, e gli presenti accusano: ed in tal modo sono delle cose passate
partigiani che non solamente celebrano quelle etadi che da loro sono state per
la memoria che ne hanno lasciata gli
scrittori conosciute, ma quelle ancora che sendo già vecchi si ricordano nella
loro giovanezza avere vedute. E quando questa loro opinione sia falsa, come il
piú delle volte è, mi persuado varie essere le cagioni che a questo inganno gli
conducono. E la prima credo sia, che delle cose antiche non s’intenda al tutto
la verità, e che di quelle il piú delle volte si nasconda quelle cose che
recherebbero a quelli tempi infamia, e quelle altre che possano partorire loro
gloria si rendino magnifiche ed amplissime. Perché il piú degli scrittori in
modo alla fortuna de’ vincitori ubbidiscano che, per fare le loro vittorie
gloriose, non solamente accrescano quello che da loro è virtuosamente operato,
ma ancora le azioni de’ nimici in modo illustrano, che qualunque nasce dipoi in
qualunque delle due provincie, o nella vittoriosa o nella vinta, ha cagione di
maravigliarsi di quegli uomini e di quelli tempi ed è forzato sommamente
laudarli ed amarli. Oltra di questo, odiando gli uomini le cose o per timore o
per invidia, vengono ad essere spente due potentissime cagioni dell’odio nelle
cose passate, non ti potendo quelle offendere e non ti dando cagione
d’invidiarle. Ma al contrario interviene di quelle cose che si maneggiano e
veggono, le quali per la intera cognizione di esse non ti essendo in alcuna
parte nascoste, e conoscendo in quelle insieme con il bene molte altre cose che
ti dispiacciono, sei forzato giudicarle alle antiche molto inferiori, ancora
che in verità le presenti molto piú di quelle di gloria e di fama meritassoro;
ragionando non delle cose pertinenti alle arti le quali hanno tanta chiarezza
in sé che i tempi possono tòrre o dare loro poco piú gloria che per loro
medesime si meritino, ma parlando di quelle pertinenti alla vita e costumi
degli uomini, delle quali non se ne veggono sí chiari testimoni.
Replico pertanto essere vera
quella consuetudine del laudare e biasimare soprascritta, ma non essere già
sempre vero che si erri nel farlo. Perché qualche volta è necessario che
giudichino la verità, perché essendo le cose umane sempre in moto, o le salgono
o le scendano. E vedesi una città o una provincia essere ordinata al vivere
politico da qualche uomo eccellente, ed un tempo, per la virtú di quello
ordinatore, andare sempre in augumento verso il meglio. Chi nasce allora in
tale stato, ed ei laudi piú gli antichi tempi che i moderni, s’inganna; ed è
causato il suo inganno da quelle cose che di sopra si sono dette. Ma coloro che
nascono dipoi in quella città o provincia, che gli è venuto il tempo che la
scende verso la parte piú ria, allora non s’ingannano. E pensando io come
queste cose procedino, giudico il mondo sempre essere stato ad uno medesimo
modo, ed in quello essere stato tanto di buono quanto di cattivo; ma variare
questo cattivo e questo buono di provincia in provincia, come si vede per
quello si ha notizia di quegli regni antichi, che variano dall’uno all’altro
per la variazione de’ costumi, ma il mondo restava quel medesimo: solo vi era
questa differenza, che dove quello aveva prima allogata la sua virtú in
Assiria, la collocò in Media, dipoi in Persia, tanto che la ne venne in Italia
e a Roma. E se dopo lo Imperio romano non è seguíto Imperio che sia durato né
dove il mondo abbia ritenuta la sua virtú insieme, si vede nondimeno essere
sparsa in di molte nazioni dove si viveva virtuosamente; come era il regno de’
Franchi, il regno de’ Turchi, quel del Soldano, ed oggi i popoli della Magna, e
prima quella setta Saracina che fece tante gran cose ed occupò tanto mondo,
poiché la distrusse lo Imperio romano orientale. In tutte queste provincie
adunque, poiché i Romani rovinorono, ed in tutte queste sétte è stata quella
virtú, ed è ancora in alcuna parte di esse, che si desidera e che con vera
laude si lauda. E chi nasce in quelle e lauda i tempi passati piú che i
presenti, si potrebbe ingannare; ma chi nasce in Italia ed in Grecia e non sia
diventato o in Italia oltramontano o in Grecia Turco, ha ragione di biasimare i
tempi suoi e laudare gli altri; perché in quelli vi sono assai cose che gli
fanno meravigliosi, in questi non è cosa alcuna che gli ricomperi da ogni
estrema miseria, infamia e vituperio, dove non è osservanza di religione, non
di leggi, non di milizia, ma sono maculati d’ogni ragione bruttura. E tanto
sono questi vizi piú detestabili, quanto e sono piú in coloro che seggono pro
tribunali, comandano a ciascuno, e vogliono essere adorati.
Ma tornando al ragionamento
nostro, dico che se il giudicio degli uomini è corrotto in giudicare quale sia
migliore o il secolo presente o l’antico, in quelle cose dove per l’antichità
e’ non ne ha possuto avere perfetta cognizione come egli ha de’ suoi tempi, non
doverebbe corrompersi ne’ vecchi nel giudicare i tempi della gioventú e
vecchiezza loro, avendo quelli e questi equalmente conosciuti e visti. La quale
cosa sarebbe vera se gli uomini per tutti i tempi della lor vita fossero di
quel medesimo giudizio ed avessono quegli medesimi appetiti. Ma variando
quegli, ancora che i tempi non variino, non possono parere agli uomini quelli
medesimi, avendo altri appetiti, altri diletti, altre considerazioni nella
vecchiezza che nella gioventú. Perché mancando gli uomini, quando
gl’invecchiano, di forze e crescendo di giudizio e di prudenza, è necessario
che quelle cose che in gioventú parevano loro sopportabili e buone, rieschino
poi invecchiando insopportabili e cattive, e dove quegli ne doverrebbono
accusare il giudizio loro, ne accusano i tempi. Sendo, oltra di questo, gli
appetiti umani insaziabili, perché avendo dalla natura di potere e volere
desiderare ogni cosa, e dalla fortuna di potere conseguitarne poche, ne risulta
continuamente una mala contentezza nelle menti umane: ed uno fastidio delle
cose che si posseggono, il che fa biasimare i presenti tempi, laudare i passati
e desiderare i futuri, ancora che a fare questo non fussono mossi da alcuna
ragionevole cagione.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. X,
pagg. 102-105