Mach, Sull’aspetto economico della conoscenza scientifica

Le nostre riproduzioni del reale sono sempre astrazioni ed hanno un significato prima di tutto economico. Non fa eccezione neppure il concetto di causa, che secondo Mach sarebbe un prodotto dell’evoluzione.

 

E. Mach, Die Mechanik in ihrer Entwicklung historisch-kritisch dargestellt, Brockhaus, Leipzig, 1883; trad. it. di A. D’Elia, La meccanica nel suo sviluppo storico-critico Boringhieri, Torino, 1977, pagg. 470-473

 

Non riproduciamo mai i fatti nella loro completezza, ma solo in quei loro aspetti che sono importanti per noi, in vista di uno scopo nato direttamente o indirettamente da un interesse pratico. Le nostre riproduzioni sono perciò sempre delle astrazioni. Anche qui è manifesta la tendenza all’economia.

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Tutto il processo della conoscenza scientifica ha un significato economico. Noi cominciamo a riprodurre nella mente i complessi piú stabili, abituali e familiari dei fatti, e poi aggiungiamo, compiendo man mano delle correzioni, ciò che per noi è nuovo. Quando parliamo, per esempio, di un cilindro forato da parte a parte o di un cubo con angoli smussati queste espressioni, prese alla lettera, costituiscono contraddizioni in termini, amenoché non accettiamo il modo di vedere qui esposto. I giudizi sono completamento e correzione di rappresentazioni già possedute.

Quando parliamo di causa e di effetto, noi mettiamo arbitrariamente in evidenza quegli aspetti sul cui rapporto poniamo attenzione in vista di un risultato per noi importante. Ma nella natura non vi è né causa né effetto. La natura è qui e ora. La ripetizione di casi uguali in cui A è sempre legato a B, cioè il ripresentarsi di effetti identici sotto identiche circostanze, che è il carattere essenziale della connessione causa-effetto, esiste solo nell'astrazione che compiamo allo scopo di riprodurre i fatti. Tanto è vero che appena una cosa ci è divenuta familiare, non proviamo piú il bisogno di mettere in evidenza questo nesso delle proprietà, non dirigiamo piú l'attenzione su ciò che ci appariva nuovo e sorprendente, non parliamo piú di causa ed effetto. In un primo momento diciamo che il calore causa la forza di tensione del vapore; ma quando questa relazione ci è divenuta abituale, pensiamo subito il vapore insieme con la forza di tensione corrispondente alla sua temperatura. L'acido è la causa che fa diventare rossa la tintura di tornasole, poi questo cambiamento di colore è elencato tra le proprietà dell’acido.

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L’idea della necessità del rapporto causa-effetto ha probabilmente la sua prima origine – come Hume ha supposto, ma non provato – dall'osservazione dei nostri movimenti volontari e dei mutamenti che provochiamo con essi nell’ambiente circostante. L’autorità dei concetti di causa ed effetto è molto rafforzata dal fatto che essi si sono formati istintivamente e inconsapevolmente. Ognuno di noi ha l’impressione di non aver per nulla contribuito alla loro formazione. E con ragione, dato che la tendenza a ragionare per causalità non è acquisita dal singolo individuo, ma si è sviluppata nel corso dell'evoluzione della specie umana. Causa ed effetto sono enti mentali aventi una funzione economica. Alla domanda perché essi esistano è impossibile rispondere, per il fatto che proprio astraendo da ciò che è uniforme, abbiamo imparato a chiedere “perché”.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. II, pagg. 30-32