Marcuse
afferma che Freud ha avuto il merito di restituire all’immaginazione i suoi
diritti. Essa riconcilia il desiderio con la realizzazione, la felicità con la
ragione. L’immaginazione inoltre realizza l’opera d’arte, che è godimento e
libertà.
H. Marcuse, Eros e civiltà
La metapsicologia di Freud restituisce all’immaginazione i suoi diritti. Come processo psichico fondamentale e indipendente, la fantasia ha un proprio valore di verità, che corrisponde a un’esperienza propria – il superamento cioè della realtà umana antagonistica. L’immaginazione tende alla riconciliazione dell’individuo col tutto, del desiderio colla realizzazione, della felicità colla ragione. Mentre quest’armonia è stata relegata nell’utopia dal principio della realtà costituita, la fantasia insiste nell’affermare che essa deve e può diventate reale, che dietro all’illusione sta vera conoscenza. Le verità dell’immaginazione vengono realizzate per la prima volta quando la fantasia stessa prende forma, quando crea un universo di percezione e comprensione – un universo soggettivo e allo stesso tempo oggettivo. Ciò avviene nell’arte. L’analisi della funzione cognitiva della fantasia diventa in questo modo analisi dell’estetica quale “scienza della bellezza”: dietro la forma estetica sta l’armonia repressa tra sensualità e ragione – l’eterna protesta contro l’organizzazione della vita da parte della logica del dominio, la critica al principio di prestazione.
L’arte è forse il piú visibile “ritorno del represso”, non soltanto sul piano individuale ma anche su quello storico e della specie. L’immaginazione artistica dà forma al “ricordo inconscio” della liberazione che fallí, della promessa che fu tradita. Sotto il dominio del principio di prestazione, l’arte oppone alla repressione istituzionalizzata l’“immagine dell’uomo come soggetto libero. Ma in condizioni di non-libertà, l’arte può sostenere l’immagine della libertà soltanto nella negazione della non-libertà”. Da quando si destò la coscienza della libertà, non esiste opera d’arte genuina che non riveli questo contenuto archetipico: la negazione della non-libertà. Vedremo in seguito come questo contenuto venne ad assumere la forma estetica, governata da princípi estetici. Come fenomeno estetico, la funzione critica dell’arte sconfigge se stessa. Proprio il fatto che l’arte dipenda dalla forma, vizia la negazione della non-libertà nell’arte. Per poter essere negata, la non-libertà deve venire rappresentata nell’opera d’arte sotto l’apparenza della realtà. Questo elemento di apparenza (Schein) assoggetta necessariamente la realtà rappresentata a norme estetiche, e la priva quindi del suo terrore. Inoltre, la forma dell’opera d’arte conferisce al contenuto qualità di godimento. Stile, ritmo, misura, introducono un ordine estetico piacevole in se stesso: esso si riconcilia col proprio contenuto. La qualità estetica del godimento, perfino del divertimento, è stata inseparabile dall’essenza dell’arte, per quanto tragica e intransigente sia l’opera d’arte. L’affermazione di Aristotele dell’effetto catartico dell’arte riassume la duplice funzione dell’arte – di opporre e di riconciliare; di accusare e di assolvere; di richiamare il represso e di reprimerlo nuovamente – “purificato”. L’uomo può elevare se stesso con i classici. legge e vede e sente ribellarsi, trionfare, rinunciare o perire i propri archetipi. E poiché tutto ciò ha forma estetica, egli può goderne – e dimenticarlo.
H. Marcuse, Eros e civiltà, Einaudi,
Torino, 1964, pagg. 156-158