Marcuse, L’importanza dell’Éros

Secondo Marcuse la sessualità ci costringe a collegarci con gli altri, con la realtà. La liberazione della sessualità è in grado di realizzare un’esperienza di vita priva di repressione. Egli insiste anche sulla funzione critica e liberatoria della fantasia.

 

H. Marcuse, Eros e civiltà

 

Nella sua richiesta eccessiva di una soddisfazione al di là del principio della realtà, la fantasia annulla il principium individuationis costituito. Qui forse si trovano le radici della dipendenza della fantasia dall’Eros primario: la sessualità è “l’unica funzione dell’organismo vivente che si estenda al di là dell’individuo, e che garantisca la sua connessione con la propria specie”. Poiché la sessualità è organizzata e regolata dal principio della realtà, la fantasia cerca di far valere i propri diritti principalmente contro la sessualità normale. (Abbiamo discusso precedentemente l’affinità di fantasia e perversioni). Ma l’elemento erotico della fantasia va al di là delle espressioni perverse. Esso mira a una “realtà erotica” dove gli istinti di vita troverebbero pace in una realizzazione senza repressione. Questo è il contenuto piú profondo del processo di fantasia nella sua opposizione al principio della realtà; in virtú di questo contenuto, la fantasia ha una funzione unica nel suo genere nella dinamica psichica.

Freud riconobbe questa funzione, ma a questo punto la sua metapsicologia giunge a una svolta fatale. L’immagine di una forma differente della realtà è apparsa come la verità di uno dei processi psichici fondamentali; quest’immagine comprende l’unità perduta dell’universale e del particolare, e la soddisfazione integrale degli istinti di vita in virtú della riconciliazione del principio della realtà col principio del piacere. Il suo valore di verità è accresciuto per il fatto che l’immagine appartiene all’umanità al di là e al di sopra del principium individuationis. Secondo Freud però, l’immagine evoca soltanto il passato substorico della specie (e dell’individuo), precedente ogni civiltà. Poiché quest’ultima può svilupparsi soltanto per mezzo della distruzione dell’unione substorica di principio del piacere e principio della realtà, l’immagine deve rimanere sepolta nell’inconscio, e l’immaginazione deve diventare pura fantasia, giuoco infantile, sogno a occhi aperti. La lunga via della coscienza che portò dall’orda primitiva a forme di civiltà sempre piú alte, non è reversibile. Le conclusioni di Freud escludono la nozione di uno stato di natura “ideale”; ma esse ipostatizzano anche una forma storica specifica di civiltà come la natura della civiltà. La teoria non giustifica questa conclusione. Dalla necessità storica del principio di prestazione e dal suo perpetuarsi al di là della necessità storica, non risulta affatto che un’altra forma di civiltà sotto un altro principio della realtà sia impossibile. Nella teoria di Freud, la libertà della repressione è un fatto che riguarda l’inconscio, il passato substorico e perfino subumano, e processi primordiali biologici e psichici; conseguentemente l’idea di un principio della realtà non-repressivo è un problema di regressione. Che un simile principio possa diventare esso stesso una realtà storica, un motivo di sviluppo della coscienza, che le immagini della fantasia possano riferirsi al futuro inconquistato dell’umanità piuttosto che al suo passato (mal) conquistato – tutto questo era per Freud, nel migliore dei casi, una simpatica utopia.

Il pericolo di abusare della scoperta dei valori della verità dell’immaginazione in favore di tendenze regressive, è esemplificato dall’opera di Carl Jung. Con piú enfasi di Freud egli ha insistito sulla forza cognitiva dell’immaginazione. Secondo Jung, la fantasia è “indistinguibilmente” unita a tutte le altre funzioni psichiche; essa appare “talvolta come la sintesi primordiale, talvolta come la sintesi piú spinta e piú audace di tutte le capacità”. La fantasia è soprattutto l’“attività creativa dalla quale fluiscono le risposte a ogni possibile domanda”; essa è “la madre di tutte le possibilità, nella quale tutti gli opposti psichici, ed anche il conflitto tra mondo interno ed esterno, sono uniti”. La fantasia ha formato sempre il ponte tra le esigenze inconciliabili dell’oggetto e del soggetto, tra l’estroversione e l’introversione. Il carattere simultaneo di retrospezione e attesa dell’immaginazione, è formulato in questo modo con chiarezza: essa non guarda soltanto indietro verso un aureo passato originale, ma anche avanti verso tutte le possibilità realizzabili anche se ancora irrealizzate. Ma già nelle prime opere di Jung l’accento è messo sulle qualità retrospettive e quindi “fantastiche” dell’immaginazione: il pensiero onirico “si muove in senso retrogrado verso la materia grezza della memoria”; esso è una “regressione alla percezione originale”. Nello sviluppo della psicologia di Jung, le sue tendenze oscurantistiche e reazionarie hanno predominato, e hanno eliminato le intuizioni critiche della metapsicologia di Freud.

Il valore di verità dell’immaginazione non si riferisce soltanto al passato, ma anche al futuro: le forme di libertà e felicità, che essa invoca, pretendono di liberare la realtà storica. Nel suo rifiuto di accettare come definitive le limitazioni che il principio della realtà impone alla libertà e alla felicità, nel suo rifiuto di dimenticare ciò che può essere, sta la funzione critica della fantasia.

 

H. Marcuse, Eros e civiltà, Einaudi, Torino, 1964, pagg. 158-161