Il
rapporto realtà-pensiero è antagonistico e pone il problema della
comprensione-razionalizzazione della realtà. La ragione si configura come
“potere sovversivo” ed il suo compito è di “afferrare il reale come razionale”.
H. Marcuse, L’uomo a una dimensione
“... Ciò che è non può essere vero”. Al nostro orecchio ben addestrato questa affermazione appare frivola e ridicola, o scandalosa come quell’altra che sembra dire l’opposto: “ciò che è reale è razionale”. Eppure appartengono entrambe alla tradizione del pensiero occidentale, e rivelano, in forma provocatoria perché abbreviata, l’idea di Ragione che ha guidato la sua logica. Ambedue esprimono inoltre lo stesso concetto, e cioè la struttura antagonistica della realtà e del pensiero che cerca di comprenderla. Il mondo dell’esperienza immediata – il mondo in cui ci troviamo a vivere – deve essere compreso, trasformato, anzi sovvertito al fine di diventare ciò che realmente è.
Nell’equazione Ragione = Verità = Realtà, che congiunge il mondo soggettivo e quello oggettivo in una unità antagonistica, la Ragione è il potere sovversivo, il “potere del negativo” che costituisce, in quanto Ragione teorica e pratica, la verità per gli uomini e per le cose – ovvero le condizioni in cui uomini e cose diventano ciò che realmente sono. Il tentativo di dimostrare che questa verità della teoria e della pratica non è una condizione soggettiva ma bensí oggettiva occupò fin dalle origini il pensiero occidentale e sta alle radici della sua logica – intendo la logica non come disciplina speciale della filosofia ma come modo di pensare appropriato per afferrare il reale come razionale.
L’universo totalitario della razionalità tecnologica è l’ultima incarnazione dell’idea di Ragione.
H. Marcuse, L’uomo a una dimensione,
Einaudi, Torino, 1967, pag. 139