Secondo
Marx nel sistema di produzione tipico dei popoli asiatici vi era l’assenza di
proprietà individuale, la presenza di lavoro collettivo ed il potere in mano ad
un despota. L’opera, da cui è tratta la lettura, non fu pubblicata da Marx
probabilmente per non offrire a Bakunin l’occasione per ulteriori polemiche. Essa fu invece pubblicata nell’URSS ai tempi di Stalin,
causando non pochi problemi interpretativi, data la somiglianza evidente fra il
sistema di produzione asiatico e quello che i comunisti stavano realizzando in
quel paese. (self-substaining
= autosufficiente; labour-found = fondo-lavoro)
K. Marx, Forme economiche
precapitalistiche
Ad esempio non è assolutamente in contraddizione con essa
il fatto che, come accade nella maggioranza delle forme principali asiatiche,
l’unità complessiva, che sta al di sopra di tutte queste piccole
comunità, appaia come il proprietario supremo, o l’unico proprietario,
sicché le comunità effettive appaiono solo come possessori ereditari.
Poiché l’unità è l’effettivo proprietario, e l’effettivo presupposto della
proprietà collettiva, essa può appunto cosí apparire come un qualcosa di particolare,
che sta al di sopra delle molte particolari comunità reali dove il singolo poi in
fact è privo di proprietà, o la proprietà – cioè il rapporto del singolo
con le condizioni naturali del lavoro e della riproduzione, come corpo
della sua subiettività a lui appartenente, obiettivo, trovato già pronto come
natura inorganica, – gli appare mediata dalla cessione dell’unità totale –
realizzata nel despota come padre delle molte comunità – al singolo attraverso
la mediazione delle comunità particolari. Il prodotto eccedente – che del resto
viene determinato legalmente in seguito all’effettiva appropriazione attraverso
il lavoro – appartiene cosí, di per sé, a questa suprema unità. Pertanto nel
dispotismo orientale e nell’assenza di proprietà, che giuridicamente sembra
esistere in esso, esiste in realtà come fondamento questa proprietà tribale o
comunitaria, prodotta essenzialmente dal combinarsi della manifattura e
dell’agricoltura all’interno della piccola comunità che, in tal modo, diviene
assolutamente self-sustaining e contiene in sé tutte le condizioni della
riproduzione e della produzione in eccedenza. Una parte del suo lavoro
eccedente appartiene alla comunità superiore, che alla fine esiste come persona,
e questo lavoro eccedente si manifesta sia sotto forma di tributo, ecc., sia
sotto forma di lavori collettivi, per esaltare l’unità, in parte il despota
vero e proprio, in parte la tribalità idealizzata, il dio. Questa specie di
proprietà comunitaria, può ora, in quanto essa qui si realizza effettivamente
nel lavoro, manifestarsi o in modo che le piccole comunità vegetino l’una
accanto all’altra indipendentemente, e il singolo lavori indipendentemente con
la sua famiglia sul lotto assegnatogli (un lavoro determinato per la riserva
comune, insurance per cosí dire, da una parte, e per fronteggiare
le spese della comunità come tali, cioè per la guerra, il culto ecc.; il dominium
signorile nel significato originario si trova qui per la prima volta, ad
esempio nelle comunità slave, in quelle romene, ecc: Qui è insito il passaggio
alla corvée, ecc.); o l’unità può estendersi fino alla comunanza nel
lavoro, che può divenire un vero e proprio sistema come nel Messico, nel Perú
in particolare, presso gli antichi celti e alcune tribú indiane. Inoltre la
comunanza può manifestarsi all’interno dell’ordinamento tribale, in modo che
l’unità sia rappresentata in primo luogo da un capo della famiglia tribale, o
dalle relazioni reciproche tra i padri di famiglia. Corrispondentemente si ha
allora una forma o piú dispotica o piú democratica di questa comunità. Le
condizioni comuni dell’effettiva appropriazione attraverso il lavoro, sistemi
d’irrigazione, molto importanti per i popoli asiatici, mezzi di
comunicazione, ecc., appaiono allora come lavoro dell’unità superiore, del
governo dispotico che si erge al disopra delle piccole comunità. Le città vere
e proprie si formano qui, accanto a questi villaggi, solo laddove esiste un
punto particolarmente favorevole per il commercio con l’estero; o dove il capo
supremo dello Stato e i suoi satrapi scambiano il loro reddito (prodotto
eccedente) con il lavoro, lo spendono come labour-funds.
K. Marx, Forme economiche
precapitalistiche, Editori Riuniti, Roma, 19773, pagg. 71-73