Dopo aver
osservato che, negata la dimensione pubblica, la religione tende a conservarsi
nella sfera del privato, Marx conclude che la vera emancipazione dell’Ebreo o
di chiunque altro non avviene sul piano della politica, ma sul piano dell’umano
e può avvenire solo con la sparizione della religione.
K. Marx, La questione ebraica
È a questo punto che ci si accorge che il problema ebraico è stato impostato in modo unilaterale.
Le domande “chi deve emancipare? Chi deve essere emancipato?” non avevano dato fondo al problema. C’era una terza questione che la critica doveva porsi. Essa doveva cioè domandarsi: Di quale tipo di emancipazione si tratta?”. Quali condizioni sono implicite nell’essenza dell’emancipazione che vien chiesta? La critica dell’emancipazione politica stessa sarebbe la critica definitiva della questione ebraica, ed equivarrebbe a risolverla senza residui nel “problema generale del nostro tempo”.
Dato che Bauer non discute il problema a questo livello, finisce col cadere in contraddizioni. Egli pone condizioni che non sono implicite nell’essenza stessa dell’emancipazione politica. Mette in campo problemi che sono estranei al suo tema, e tratta temi che lasciano irrisolto il suo problema. Degli avversari dell’emancipazione degli Ebrei il Bauer dice: “Il loro solo errore fu di presupporre che lo Stato cristiano è l’unico vero Stato, e di non sottoporlo alla stessa critica che avevano esercitato contro l’ebraismo” (p. 3); e noi scorgiamo l’errore nel Bauer nel fatto che egli critica solo lo “Stato cristiano” e non “lo Stato” senza aggettivi, nel fatto che egli non analizza il rapporto tra emancipazione politica ed emancipazione umana, e pone quindi condizioni che si possono spiegare soltanto con una acritica confusione della emancipazione politica con l’emancipazione umana in generale. Dato che Bauer domanda agli Ebrei: “Dal vostro punto di vista, avete il diritto di aspirare all’emancipazione politica?” noi domandiamo, rovesciando il problema: “Chi imposta il problema in termini di emancipazione politica ha il diritto di esigere che l’Ebreo superi l’ebraismo e che l’uomo in genere superi la religione?”.
[...]
L’emancipazione politica dell’Ebreo, del Cristiano ed in genere dell’uomo religioso è l’emancipazione dello Stato dal giudaismo, dal cristianesimo, ed in genere dalla religione. Lo Stato si emancipa dalla religione nel modo conforme alla sua natura, nella sua forma, cioè in quanto Stato, coll’emanciparsi dalla religione di Stato, non professando cioè, in quanto Stato, alcuna religione, e credendo solo in se stesso. L’emancipazione politica dalla religione non è la realizzazione non contraddittoria dell’emancipazione dalla religione, dato che l’emancipazione politica non è il modo in cui l’emancipazione umana si realizza pienamente, senza contraddizioni.
Il limite dell’emancipazione politica balza agli occhi non appena si osservi che lo Stato si può liberare da una limitazione senza che l’uomo ne sia effettivamente liberato, e che lo Stato può essere uno Stato liberale senza che l’uomo sia un uomo libero. Lo stesso Bauer ammette tacitamente questa situazione quando pone la seguente condizione all’emancipazione politica: “Dovrebbe essere soppresso ogni privilegio religioso, e quindi anche il monopolio di una Chiesa privilegiata, e se anche alcuni uomini, o parecchi, o anche la stragrande maggioranza ritenessero di dover adempiere a doveri religiosi, questo adempimento dovrebbe essere di loro competenza, come cosa puramente privata”. Lo Stato può essere quindi emancipato dalla religione anche se la stragrande maggioranza dei cittadini è ancora religiosa. E la stragrande maggioranza non cessa di essere religiosa per il fatto che lo è privatim.
La Sinistra hegeliana, Laterza, Bari, 1960, pagg. 400-401 e 403-404