Il
problema che si pone a Tolomeo è quello di trovare una spiegazione scientifica
(cioè di tipo matematico) capace di rendere conto del moto apparente degli
astri. La tradizione della fisica aristotelica imponeva una serie di assiomi –
il moto circolare uniforme è il moto perfetto; la Terra è al centro del
sistema dei pianeti – che le osservazioni dei moti apparenti sembrano
contraddire, almeno parzialmente. È quindi necessario adeguare ciò che
appare a ciò che è postulato: la semplicità delle tradizionali rappresentazioni
del sistema tolemaico è soltanto apparente.
La cosmologia
platonico-aristotelica fu sistemata e completata un centinaio di anni dopo
Cristo da Tolomeo e in questa forma superò il periodo seguente di 1500 anni
circa. Egli determinò, con il metodo della parallasse di Ipparco, la distanza
della Luna (59 raggi terrestri); con quello di Aristarco, i rapporti del
diametro della Luna e del Sole rispetto a quello della Terra (1/3,4 e 18,8
rispettivamente) e quindi la distanza del Sole (1210 raggi terrestri). Assunse
il raggio della Terra di 20.500 stadi e pose a distanza grandissima la Sfera
delle stelle fisse; collocò i pianeti su epicicli i cui centri percorrevano
circonferenze (deferenti) in modo da poter riprodurre, con opportuni valori
della velocità angolare e del rapporto dei raggi, le apparenze, ormai ben
individuate, del moto dei pianeti.
Il presupposto che la
fenomenologia celeste fosse assoggettata alla legge dei moti circolari e alla
posizione centrale della Terra si dimostrava veramente efficace e dava una
concezione del mondo che potremmo cosí riassumere: 1) la Terra, la Luna, il
Sole hanno le proporzioni riferite; la nostra vita si svolge sulla superficie
della prima; 2) i pianeti e le stelle si trovano a distanze assai maggiori, non
ben precisate, anche se i primi vengono ordinati spesso in base [...]
all’intervallo di tempo fra due successive opposizioni o congiunzioni con il
Sole viste dalla Terra. L’ordine con cui venivano citati era anche sinonimo di
distanza. [...]
Naturalmente affinché
questa rappresentazione potesse dirsi accettabile, ossia rispecchiante
veramente il mondo quale è, occorreva fosse congegnata nei particolari
(velocità angolare dei pianeti negli epicicli e del centro dell’epiciclo nel
deferente, posizione della Terra nell’interno del deferente, dimensione del
deferente, [...], ecc.) in modo da giustificare i dati osservativi che, come si
è detto, erano assai numerosi e alquanto precisi.
Fu cosí che Tolomeo dovette
complicare il precedente schema generale, fino a rinunciare a uno degli assiomi
fondamentali, quello del moto uniforme. Per rappresentare adeguatamente le
osservazioni dovette ammettere due cose fondamentali: 1) la Terra non è situata
al centro del deferente ma è spostata rispetto ad esso; 2) sulla linea
Terra-centro del deferente, dalla parte opposta rispetto al centro, esiste un
punto, detto punto aequans rispetto al quale i centri degli epicicli sul
deferente si muovono di moto angolare uniforme. Poiché il punto aequans
non coincide con il centro ciò equivale a dire che il moto dei pianeti non è
uniforme, ma è da sottolineare l’ostinato riferimento all’uniformità, che da
una parte riflette la costante che caratterizza la nascita e lo sviluppo della
cosmologia [...], e dall’altra evidenzia il carattere di tale cosmologia il
quale non è certo quello della ricerca (nel senso di interrogazione della
natura), ma quello della individuazione, tramite l’organizzazione dei dati di
osservazione, di punti chiave fondamentali, presupposti in partenza come
evidenti e considerati certamente esistenti quali espressione della perfezione
celeste. [...]
L’avvento dell’era
cristiana ebbe una enorme importanza nello sviluppo della cultura mediterranea
in quanto bloccò lo spirito di ricerca naturale, che si era sviluppato nella
regione ellenica, il quale, imbevuto di pregiudizi di ordine filosofico [...],
era pervenuto a una descrizione cosmica assai adatta ad essere assimilata dallo
spirito teologico che il cristianesimo introdusse. [...]
Perciò fino a tutto il
1.000-1.100 d.C. la discussione fisica si limitò al mondo sublunare tanto viva
e assimilata era l’impressione che Dio ha creato il mondo strutturandolo con
una Terra sferica (e per i piú anche immobile) situata al centro del sistema
planetario e solare, avviluppato dall’altra sfera, piú vasta, ruotante intorno
alla Terra con infisse le stelle e al cui esterno doveva esserci solo la sede
del regno divino ma nulla di materiale.
Essendo particolarmente
vivo e assimilato il concetto, d’altronde intuitivo per uno spirito ancora
acritico, che il mondo sublunare è corruttibile e degradato, contrapposto a
quello extraterrestre incorruttibile e quindi eterno e perfetto, gli studiosi
non erano certo sollecitati dalla spinta, che in effetti avrebbe potuto farsi
avanti dal punto di vista di una filosofia naturale dopo i risultati già
conseguiti, a discutere le cause dei moti celesti codificati nel modello
cosmologico di Tolomeo; un tale concetto sollecitava semmai la posizione della
beata contemplazione.
(A. Masani, Storia della cosmologia,
Editori Riuniti, Roma, 1980, pagg. 16-18)