Secondo
John Stuart Mill la subordinazione legale della donna all’uomo è ingiusta e
contraria al progresso. Essa inoltre non è fondata che sulla sua inferiore
forza fisica e sui pregiudizi degli uomini.
J. S. Mill, La soggezione delle donne
La legale subordinazione della donna all’uomo, principio delle relazioni attualmente esistenti tra i due sessi, è, a mio credere, ingiusta per sé stessa, ed uno dei principali ostacoli che al presente si oppongono al progresso dell’umanità, tal che una perfetta eguaglianza senza potere né privilegio da un canto, e senza incapacità dall’altro vuolsi a quella sostituire.
[...]
D’altronde l’adozione del regime di ineguaglianza non fu mai il risultato di una deliberazione, né del pensiero libero, né di una teoria sociale, né di una conoscenza qualunque di mezzi idonei ad assicurare il benessere dell’umanità provvedendo al buon ordine sociale. Sorgeva questo regime esclusivamente dal fatto che fin dai primordi della società umana ogni donna, e per la considerazione in cui dagli uomini era tenuta, e per la stessa sua inferiorità in quanto a forza muscolare, si trovò sottomessa all’uomo. E poiché le leggi ed i sistemi sociali incominciano sempre dal riconoscere i rapporti esistenti fra le persone, ciò che nel bel principio non fu che un mero fatto brutale divenne poscia un diritto legale, sanzionato dalla società e mantenuto e protetto dall’autorità pubblica subentrata ai conflitti senza ordine e senza freno della forza fisica.
J. S. Mill, Pagine scelte, Facchi,
Milano, 1923, pagg. 191 e 193