Maria Montessori (1870- 1952) in queste pagine descrive lo
sviluppo psichico del bambino come “creazione”, “costruzione” dovuta
all’attività esercitata dal soggetto sull’ambiente. Il bambino è definito
“embrione spirituale” per sottolineare che niente è già preformato in lui, ma
sono presenti potenzialità (nebule) che possono svilupparsi solo assimilando
dall’ambiente gli elementi necessari per la costruzione delle funzioni
psichiche. La Montessori definisce “mente assorbente” questa tendenza del
bambino nei primi anni di vita all’assorbimento inconscio dei dati del suo
ambiente, sottolineando la specificità dei processi mentali infantili rispetto
a quegli dell’adulto.
M. Montessori, La formazione
dell’uomo
II bambino deve avere una funzione speciale che non è
quella soltanto di essere piú piccolo e piú debole rispetto all’adulto. Esso
non possiede “per nascita” tutti gli attributi destinati a ingrandirsi e
fortificarsi per arrivare allo stato adulto; infatti, se avesse già dei
caratteri fissati come avviene per le altre specie, l'uomo non potrebbe
adattarsi a luoghi e abitudini tanto diverse, né evolvere nelle sue forme
sociali, né assumere lavori tanto diversi.
Esso dunque è diverso dagli animali, proprio riguardo
all’eredità. Non eredita evidentemente i caratteri, ma le potenzialità a
formarli. È dunque dopo la nascita che i caratteri propri della razza a
cui il bambino appartiene si costruiscono.
Prendiamo ad esempio il linguaggio. È certo che l’uomo deve
possedere e trasmettersi per eredità la qualità tutta nuova di svolgere un
linguaggio che sta in rapporto con l’intelligenza e la necessità di trasmettere
il pensiero per una cooperazione sociale. Ma non esiste un linguaggio
particolare. L’uomo non “parla una lingua” solo perché cresce; come un
cagnolino, che, m qualunque parte del mondo si trovi, anche se isolato da altri
cani, abbaia. Il linguaggio viene a poco a poco, e si svilupperà appunto
durante l’epoca inerte e inconscia della prima infanzia. È a due anni o due anni
e tre mesi, che il bambino parla distintamente e riproduce precisamente il
linguaggio che parlano quelli che lo circondano. Non riproduce ereditariamente
il linguaggio del padre e della madre. Infatti, se un bambino è allontanato dai
suoi genitori e dal suo popolo, è messo in un altro paese dove si parla
un’altra lingua, egli assume il linguaggio del luogo dove si trova. [...]
Il linguaggio dunque si sviluppa ex novo dal bambino
stesso. Esso lo sviluppa naturalmente, sí, cioè ha questo potere ereditario, ma
lo sviluppa egli stesso, in se stesso, prendendolo dall’ambiente. Niente è piú
interessante degli studi recenti di psicologia relativi a osservazioni esatte
sullo sviluppo del linguaggio nei bambini.
I bambini assorbono, certo inconsciamente, il linguaggio in
un modo grammaticale; e mentre rimangono apparentemente inerti per molto tempo,
a un tratto (o per meglio dire nello spazi o di due anni e tre mesi circa),
mostrano un fenomeno quasi di esplosione di un linguaggio già tutto formato.
Dunque ci fu uno sviluppo interno durante il lungo periodo in cui il
piccolo era incapace di esprimersi. Esso stava elaborando nei misteri del suo
inconscio tutto il linguaggio, con le regole che mettono le parole nell’ordine
grammaticale che è necessario a esprimere il pensiero. Ciò fanno i bambini
rispetto a tutte le lingue possibili. Le piú semplici, come quelle di certe
tribú africane, e le piú complicate, come quella tedesca o russa, tutte sono
assorbite esattamente durante il medesimo periodo di tempo; e in ogni razza il
bambino comincia a parlare verso i due anni di età. Fu cosí certamente anche
nel passato. I bambini romani avranno parlato quella lingua latina cosí
complicata nei casi e nelle declinazioni e tanto difficile a essere appresa dai
giovani dei nostri tempi che frequentano le scuole superiori; e, in India, i
piccoli bambini avranno parlato il sanscrito, che è di una difficoltà quasi
insuperabile per gli studiosi di oggi. [...]
I linguaggi assorbiti durante l’età infantile sono evidenti
e inimitabili: sono i rispettivi “linguaggi materni”, propri all’uomo ignorante
come a quello colto. Linguaggio unico per ogni uomo che lo possiede nei suoni
alfabetici, nelle intonazioni della voce nelle disposizioni grammaticali e che
caratterizza la sua provenienza da una nazione o da una razza, come potrebbe
fare il colore della pelle o la sagoma del corpo.
Come furono fissati quei diversi linguaggi? quei linguaggi
elaborati a traverso infinite generazioni, quei suoni che si sono evoluti
attraverso il pensiero degli uomini? Certo non perché il bambino vi prestasse
un’attenzione conscia e non per studio intelligente. L’uomo ha come carattere
ereditario la facoltà di poter parlare; ma non è per eredità che si trasmette
quel determinato linguaggio. Che cosa allora si eredita?
Si potrebbe fare un paragone con le nebule creatrici degli
astri che sono ammassi quasi inconsistenti di gas eterei, cose impalpabili che
pure a poco a poco si solidificano e si trasformano, diventano astri e pianeti.
Se, per fare un paragone, si supponesse un’eredità del
linguaggio, questa sarebbe una nebula, inesistente e muta, senza la
quale tuttavia non vi sarebbe alcuna possibilità di sviluppare un qualsiasi
linguaggio. Le nebule sarebbero misteriose potenzialità paragonabili a quelle
dei genus, che si trovano nella cellula germinativa e che hanno sui
futuri tessuti il potere di dirigerli, in modo da formare degli organi
complicati e precisati in tutti i loro tessuti.
L’embrione spirituale
Il
bambino, che in apparenza è psichicamente inerte, non sarebbe forse un embrione
in cui si svolgono i poteri e gli organi psichici dell’uomo? Un embrione
dove esistono soltanto nebule, le quali hanno il potere di svolgersi
spontaneamente, sí, ma solo a spese dell’ambiente, di quell’ambiente che
è cosí vario, nelle forme di civilizzazione? Ecco perché l’embrione umano deve nascere
prima di completarsi e si può svolgere solo dopo la nascita, perché le sue
potenzialità devono essere stimolate dall’ambiente.
Le
“influenze interne” saranno molte, come nella crescenza fisica ci sono, durante
i processi dipendenti dai genus, per esempio le influenze dei vari
ormoni. Qui invece, nell’embrione spirituale, esistono delle sensibilità dirigenti.
Per esempio, nel caso del linguaggio, si nota agli esami sensoriali che il
senso dell’udito sembra essere il meno sviluppato durante le prime settimane di
vita. Eppure è col senso uditivo che devono essere raccolti i suoni piú
delicati della parola. Ne risulta perciò che l’udito non ode solo come
senso: ma è guidato da speciali sensibilità a raccogliere dall'ambiente
precisamente i suoni delle parole. E questi allora non sono soltanto sentiti,
ma provocano delle reazioni motrici nelle fibrille delicate delle corde vocali,
della lingua, delle labbra che sono risvegliate, tra le tante fibrille, proprio
in quel modo per riprodurre quei suoni. Tuttavia ciò non è espresso
immediatamente ma è immagazzinato in attesa del tempo in cui il linguaggio
dovrà nascere. Come il bambino nella vita intrauterina si forma senza
funzionare, ma è poi stimolato a nascere a un certo momento e funziona tutto a
un tratto.
Queste
sono supposizioni, ma resta il fatto che avvengono sviluppi interni diretti da
energie creative, e questi sviluppi possono arrivare a maturità prima di
manifestarsi all’esterno.
Quando
poi si manifestano, essi sono caratteri costruiti a formare parte
dell’individualità.
La mente assorbente
Certamente,
non tutti questi complicati processi seguono il funzionamento che si trova
stabilito nell’adulto, perché il bambino non ha imparato una lingua come noi
potremmo imparare una lingua straniera, con lo sforzo delle nostre facoltà
mentali, ma egli ha acquistato una costruzione stabile, esatta, meravigliosa,
come le costruzioni embrionali di un organo in un organismo. Esiste cioè nel
piccolo bambino uno stato mentale inconscio che è creativo, e che noi chiamiamo
“mente assorbente”. E la mente assorbente costruisce non per sforzi volontari,
ma sulla guida di “sensibilità interne”, che chiamiamo “periodi sensitivi”,
perché la sensibilità dura solo temporaneamente, dura fino a che non è compiuto
l’acquisto che deve fare la natura. Cosí, per esempio, se in un bambino la
nebula del linguaggio trovasse ostacoli allo sviluppo e le sensibilità uditive
costruttive non funzionassero, ne potrebbe derivare un sordomuto che ha tutti
gli organi dell’udito e della parola perfettamente normali.
È
chiaro che nella “creazione” psichica dell’uomo ci deve essere un fatto
segreto. Se noi impariamo tutto a traverso l’attenzione, lo sforzo di volontà,
l'intelligenza, come può intraprendere la sua grande costruzione il bambino che
ancora non è dotato di intelligenza, di volontà e di attenzione? È evidente che
in esso agisce una mente con poteri tutti diversi dai nostri e che perciò può
esistere nell’inconscio un funzionamento psichico diverso dalla mente conscia.
Il
linguaggio è l’esempio che può prestarsi piú chiaramente a dare un’idea di
questa differenza di mentalità, perché esso si presta a uno studio di
osservazione diretto e dettagliato.
Nella
mente inconscia non si incontrano le diverse difficoltà che noi esperimentiamo
nell’imparare, per esempio, una lingua molto semplice o una lingua estremamente
complicata. Evidentemente, come non ci sono difficoltà, non ci sono nemmeno
graduali sviluppi relativi a queste difficoltà. Il tutto è preso nello
stesso periodo di tempo. Ora questo acquisto non è paragonabile allo sforzo di memoria
che dobbiamo fare noi, né alla labilità della nostra memoria che lascia
facilmente sfuggire i suoi evanescenti acquisti; perché il linguaggio nell’epoca
inconscia si stampa indelebilmente e diventa un carattere che l’uomo
trova stabilito in se stesso. Nessun linguaggio che si voglia sommare al
linguaggio materno diventerà un carattere, e nessuno sarà di cosí sicuro
possesso come quello. [...]
La
lingua materna non è affidata alla memoria conscia, essa è depositata in una
memoria diversa, simile a quella che gli psicologi moderni, biologi o
psicoanalisti chiamano “mneme” o “la memoria della vita”, quella che trattiene
le forme trasmesse per eredità, a traverso l’infinità dei tempi e che è
considerata come un “potere vitale”. [...]
La
mente assorbente! meraviglioso dono dell’umanità!
Senza
che vi partecipi col suo sforzo, solo “vivendo”, l'individuo assorbe
dall’ambiente anche un fatto complesso di cultura, com’è il linguaggio.
Se
questa forma essenziale permanesse nell’adulto, come sarebbero facilitati gli
studi! Immaginiamoci di poter andare in un altro mondo, diciamo nel pianeta
Giove, e d’incontrarvi degli uomini che solo passeggiando e vivendo assorbono
tutte le scienze senza studiarle, acquistano abilità senza lo sforzo
dell’esercizio! Noi diremmo: “Che fortunato miracolo!” Ebbene, questa forma
fantastica della mente esiste; è la mente del piccolo bambino. È un fenomeno
che rimane nascosto nei misteri dell’inconscio creativo.
Se
questo avviene per il linguaggio, per quella costruzione di suoni foggiata
dagli uomini durante secoli e millenni di sforzi intellettuali, per cesellare
l’espressione del pensiero, è facile riconoscere che debbono, analogamente,
fissarsi nel bambino i caratteri psichici che differenziano una razza
dall’altra: ossia le abitudini, i pregiudizi, i sentimenti e, in genere, tutti
i caratteri che noi sentiamo “incarnati” in noi, indipendentemente o anche
malgrado le modificazioni che la nostra intelligenza, la logica, il raziocinio
sarebbero disposti a portarvi. [...]
Il
bambino costruisce veramente, riproducendole in se stesso come in una forma di
mimetismo psichico, le caratteristiche degl’uomini che lo circondano. E cosí,
crescendo non diventa semplicemente un uomo, ma diventa un uomo della
sua razza.
Con
questa descrizione abbiamo toccato un segreto psichico di importanza vitale per
l’umanità: il segreto dell’adattamento.
R. Fornaca-R. S. Di Pol, Dalla certezza alla complessità.
La pedagogia scientifica del Novecento, Principato, Milano, 1993, pagg.
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