Nel 1902, Karl Kautsky trovava fra il materiale inedito di Marx un abbozzo incompiuto di «introduzione», datato 23 agosto 1857, ch'egli giudicò essere lo schema di «Einleitung» di cui Marx parla nella premessa alla «Critica dell'Economia Politica». Il manoscritto, che tocca rapidamente i problemi trattati in quel libro e i rapporti fra forme economiche e sovrastrutture, si chiude bruscamente con la pagina sull'arte greca che riproduciamo e che costituisce un documento curioso dello sforzo marxista di giustificare teoricamente il fenomeno artistico nel quadro dello sviluppo storico dei rapporti sociali.
Per quanto riguarda l'arte, è noto che alcuni suoi periodi d'oro mancano di qualunque rapporto con lo sviluppo generale della società e perciò anche con le basi materiali, l'ossatura, della sua organizzazione. Per determinate forme d'arte (ed esempio l'epica) è altresì riconosciuto che non possono più essere prodotte nelle loro manifestazioni classiche, non appena subentra la vera e propria produzione, che perciò, nell'ambito della stessa arte, certe realizzazioni significative sono possibili soltanto in uno stadio non evoluto dello sviluppo storico. Se questo è il caso per il rapporto tra diverse forme artistiche nell'ambito della stessa arte, non è certo strano che il medesimo fatto si verifichi nei rapporti fra il regno dell'arte in generale e lo sviluppo complessivo della società. La difficoltà consiste unicamente nella giustificazione razionale di questi contrasti, per chiarire i quali basta specificarli.
Prendiamo ad esempio il rapporto fra l'arte greca e il mondo moderno, e fra questo e Shakespeare. È noto che la mitologia greca fu non soltanto l'arsenale ma l'humus dell'arte greca. Ora, la concezione della natura e dei rapporti sociali che sta alla base della fantasia e perciò dell'arte ellenica, è conciliabile col selfacting e le ferrovie e le locomotive e il telegrafo? Dove va a finire Vulcano di fronte a Roberts e Co., Giove di fronte al parafulmine e Mercurio di fronte al Credit mobilier? Ogni mitologia in quanto supera e padroneggia le forze naturali nell'immaginazione e attraverso l'immaginazione sparisce con l'effettivo dominio su di esse. Che né è della Fama, accanto a Printinghousesquare? L'arte greca presuppone la mitologia greca, cioè la natura e le forme sociali già elaborate in forma inconsciamente artistica dalla fantasia popolare. È questa la sua materia, non una mitologia qualsiasi. né una qualsiasi rielaborazione inconsciamente artistica della natura (includendo in questo tutto ciò che è obiettivo, e perciò anche la società). La mitologia egizia non poteva costituire l'humus, il grembo materno dell'arte greca. Ma, in ogni atteggiamento mitologizzante di fronte ad essa, che esclude ogni rapporto mitico con la natura, esige perciò dall'artista una fantasia completamente aliena da residui mitologici.
D'altra parte: È possibile Achille, con la polvere e il piombo? O l'Iliade con la stampa e la macchina tipografica? I canti e le saghe e la musa non sono forse destinati a sparire col torchio e, insieme ad esse, non scompaiono forse le condizioni necessarie dell'epica.
Ma la difficoltà non è nel comprendere che l'arte e l'epica greca siano connesse a determinate forme dello sviluppo sociale. La difficoltà è (nel comprendere) come possano conservare per noi gusto d'arte e, in un certo senso, valere come norma e inarrivabile modello.
Un uomo non può ritornare fanciullo se non rimbambendo. Ma ciò non toglie che l'ingenuità del fanciullo lo rallegri e ch'egli sia portato necessariamente a riprodurre la sua verità su un gradino più alto, giacché nella natura del fanciullo il suo carattere personale vive e continua a vivere nella sua verità naturale. Perché dunque l'infanzia sociale dell'umanità, nei momenti in cui è fiorita più splendida, non dovrebbe esercitare un fascino eterno, come qualcosa che non tornerà mai più? Ci sono fanciulli incolti e fanciulli saggi come vecchi. A queste due categorie appartengono molti popoli antichi. I greci erano fanciulli normali. Il fascino della loro arte su di noi non è in contrasto con lo stadio non evoluto del loro sviluppo sociale, ne è anzi l'effetto, dipende cioè strettamente dal fatto che i rapporti sociali immaturi, nei quali nacque e soltanto poteva nascere, non si riprodurranno mai più...
(K. Marx, "Critica dell'Economia Politica")