In questo celebre brano della “Questione ebraica”, Marx attacca Bruno Bauer, che al problema della situazione degli Ebrei nella Germania aveva trovato, come soluzione, l’emancipazione politica: per Bauer si trattava cioè di rendere tutti uguali di fronte alla legge, a prescindere dal credo professato. Ma Marx obietta che è un’emancipazione solo apparente, che rende tutti uguali nei cieli della politica, ma che lascia tutti diversi sulla terra della vita sociale: ancorché astrattamente si goda tutti degli stessi diritti, in un tribunale un ateo è trattato diversamente da un credente, e così via. All’emancipazione politica propugnata da Bauer, Marx contrappone l’emancipazione umana, che in seguito indicherà come compito del proletariato.
Solo nei liberi Stati dell'America del Nord -almeno in una parte di essi- la questione ebraica perde il suo significato teologico per diventare una questione realmente mondana. Solo là dove lo Stato politico esiste nella sua formazione compiuta, il rapporto dell'ebreo e in generale dell'uomo religioso, con lo Stato politico, vale a dire il rapporto della religione con lo Stato, può presentarsi nella sua peculiarità, nella sua purezza. La critica di questo rapporto cessa di essere teologica non appena lo Stato cessi di comportarsi in modo teologico nei riguardi della religione, non appena esso si comporti verso la religione da Stato, cioè politicamente. La critica diviene allora critica dello Stato politico. A questo punto, nel quale la questione cessa di essere teologica, la critica di Bauer cessa di essere critica. "Il n'existe aux Etats-Unis ni réligion de l'Etat, ni réIigion déclarée celle de la majorité ni prééminence d'un culte sur un autre. L'Etat est étranger à tous les cultes". (Marie ou l'esclavage aux Etats-Unis etc., par G. de Beaumont, Paris 1835, p. 214). Vi sono infatti Stati nordamericani nei quali "la constitution n'impose pas les croyances religieuses et la pratique d'un culte comme condition des privilèges politiques" (1.c., p. 225). Tuttavia "on ne croit pas aux Etats-Unis qu'un homme sans religion puisse étre un honnéte homme" (1.c., p. 224). Ciononostante l'America del Nord è per eccellenza il paese della religiosità, come assicurano unanimi Beaumont, Tocqueville, e l'inglese Hamilton. Gli Stati nordamericani, del resto, ci servono solo come esempio. La questione è: come si comporta l'emancipazione politica compiuta nei riguardi della religione. Se perfino nel paese dell'emancipazione politica compiuta noi troviamo non soltanto l'esistenza, ma l'esistenza vivace e vitale della religione, questo fatto testimonia che l'esistenza della religione non contraddice alla perfezione dello Stato. Ma poiché l'esistenza della religione è l'esistenza di un difetto, la fonte di tale difetto può ancora essere ricercata soltanto nell'essenza dello Stato stesso. La religione per noi non costituisce più il fondamento, bensì ormai soltanto il fenomeno della limitatezza mondana. Per questo; noi spieghiamo la soggezione religiosa dei liberi cittadini con la loro soggezione terrena. Non riteniamo che essi dovrebbero sopprimere la loro limitatezza religiosa, per poter sopprimere i loro limiti terreni. Affermiamo che essi sopprimeranno la loro limitatezza religiosa non appena avranno soppresso i loro limiti terreni. Noi non trasformiamo le questioni terrene in questioni teologiche. Trasformiamo le questioni teologiche in questioni terrene. Dopo che per lungo tempo la storia è stata risolta in superstizione, noi risolviamo la superstizione in storia. La questione del rapporto tra l'emancipazione politica e la religione, diviene per noi la questione del rapporto tra l'emancipazione politica e l'emancipazione umana. Noi critichiamo la debolezza religiosa dello Stato politico, in quanto critichiamo lo Stato politico, facendo astrazione dalle debolezze religiose nella sua costruzione terrena. Noi umanizziamo il contrasto tra lo Stato e una determinata religione, ad esempio il giudaismo, nel contrasto tra lo Stato e determinati elementi terreni, il contrasto dello Stato con la religione in generale nel contrasto tra lo Stato e le sue premesse.L'emancipazione politica dell'ebreo, del cristiano, dell'uomo religioso in generale, è l'emancipazione dello Stato dal giudaismo, dal cristianesimo, dalla religione in generale. Nella sua forma, nel modo proprio alla sua essenza, in quanto Stato, lo Stato si emancipa dalla religione emancipandosi dalla religione di Stato, cioè quando lo Stato come Stato non professa religione alcuna, quando lo Stato riconosce piuttosto se stesso come Stato. L'emancipazione politica dalla religione non è emancipazione compiuta, senza contraddizioni, dalla religione, perché l'emancipazione politica non è il modo compiuto, senza contraddizioni, dell'emancipazione umana.
(K. Marx, “La questione ebraica”)