Come l'educazione nelle monarchie non si sforza che d'innalzare il cuore, così essa non cerca che di deprimerlo negli Stati dispotici. E necessario che ivi sia servile. Aver ricevuto una educazione simile sarebbe un bene perfino per chi è al comando, poiché nessuno è tiranno senza essere allo stesso tempo schiavo. L'obbedienza estrema presuppone ignoranza in colui che obbedisce; la presuppone anche in colui che comanda; questi non ha da deliberare, da dubitare, da ragionare; non ha che da volere. Negli Stati dispotici, ogni cosa è un impero separato. L'educazione, che consiste specialmente nel vivere con gli altri, vi è perciò limitatissima; si riduce a mettere la paura nel cuore, e a dare allo spirito la nozione di alcuni princìpi religiosi semplicissimi. Il sapere vi sarebbe pericoloso, l'emulazione funesta: e quanto alle virtù, Aristotele non crede che ve ne sia qualcuna propria agli schiavi, il che limiterà assai l'educazione in questo governo. L'educazione vi è dunque in certo modo nulla.
(Montesquieu, “Lo spirito delle leggi”, IV, cap. 3)