Alcuni legislatore antichi, come Licurgo e Romolo, ripartirono le terre in ugual misura. Ciò non poteva aver luogo che in occasione della fondazione di una nuova repubblica; oppure allorché la legge antica era tanto corrotta, e gli spiriti in disposizione tale, che i poveri si credevano costretti a cercare, e i ricchi costretti a soffrire un rimedio siffatto. Se, quando fa una divisione come questa, il legislatore non da leggi per mantenerla, fa soltanto una costituzione passeggera; la disuguaglianza rientrerà dal lato che le leggi non avevano impedito, e la repubblica sarà perduta. Bisogna dunque che si regolino, a questo scopo, le doti delle donne, le donazioni, le successioni, i testamenti, tutte insomma, le maniere di contrattare. Infatti, se fosse permesso di donare i propri averi a chi si vuole e come si vuole, ogni volontà privata turberebbe la disposizione della legge fondamentale. (...) Quantunque, nella democrazia, la vera uguaglianza sia l'anima dello Stato, nondimeno è tanto difficile stabilirla che non sempre converrebbe una estrema esattezza in proposito. Basta stabilire un censo che riduca o fissi le differenze fino a un certo punto; dopo di che sta alle leggi particolari di pareggiare, per così dire, le disuguaglianza, con i pesi che esse impongono ai ricchi e il sollievo che accordano ai poveri. Non vi sono che le ricchezze modeste che possano offrire o sopportare questo genere di compensi.
(Montesquieu, “Lo spirito delle leggi”, V, cap. 5)