MONTESQUIEU, DELLA CORRUZIONE DEL PRINCIPIO DELL'ARISTOCRAZIA

L'aristocrazia si corrompe allorché il potere dei nobili diventa arbitrario: non può più esserci virtù né in chi governa né in chi è governato. Quando le famiglie regnanti osservano le leggi, si ha una monarchia che ha parecchi monarchi e che è ottima di sua natura; quasi tutti questi monarchi sono legati dalle leggi. Ma quando non le osservano è come uno Stato dispotico che abbia parecchi despoti. In questo caso la repubblica non esiste che per i nobili, e fra loro soltanto. Essa è nel corpo che governa, e lo Stato dispotico è nel corpo che è governato: il che costituisce i due corpi più disunti del mondo. L'estrema corruzione si ha quando i nobili diventano ereditari: non conoscono più nessuna moderazione, ma la loro sicurezza diminuisce; se sono più numerosi, il loro potere è minore e maggiore la loro sicurezza; di modo che il potere va crescendo e la sicurezza diminuendo fino al despota che ha su di sé l'eccesso del potere e del pericolo. Il gran numero di nobili nell'aristocrazia ereditaria renderà dunque il governo meno violento; ma poiché vi sarà poca virtù, si cadrà in uno spirito d'indolenza, di pigrizia, di abbandono, per opera del quale lo Stato non avrà più né forza né energia. Un'aristocrazia può. mantenere la forza del suo principio se le leggi sono tali da far sentire ai nobili i pericoli e le fatiche del comando più che le sue delizie; e se lo Stato è in siffatta condizione da aver qualche cosa da temere; e se la sicurezza nasce dall'interno e l'incertezza dall'esterno.

(Montesquieu, “Lo spirito delle leggi”, VIII, cap. 5)