MINSKY, LA COSCIENZA



Molti sembrano certissimi che nessun calcolatore potrà mai essere senziente, cosciente, dotato di volontà propria, o in qualche altro modo "consapevole" di se stesso. Ma che cosa ci rende tutti così sicuri di possedere poi questa meravigliosa qualità? E' vero che se c'è qualcosa di cui siamo sicuri, è proprio questo: "Io sono consapevole, dunque sono consapevole". Ma cosa significano in realtà queste convinzioni? Se l'autoconsapevolezza significa sapere che cosa accade nella propria mente, nessun realista potrebbe sostenere a lungo che le persone abbiano molta intuizione, nel senso etimologico di "vedere dentro". In effetti, le prove che noi siamo autoconsapevoli, cioè che possediamo qualche attitudine particolare a scoprire ciò che accade dentro di noi, sono davvero molto deboli [...]

[Coscienza è un termine] usato soprattutto per indicare il mito secondo cui la mente umana sarebbe "autoconsapevole", nel senso che percepirebbe quanto accade al proprio interno. Io invece sostengo che la coscienza umana non può mai rappresentare ciò che accade nel momento attuale, ma soltanto una piccola parte del recente passato, un po' perché ogni agenzia ha solo una capacità limitata di rappresentare ciò che è accaduto di recente, e un po' perché per poter comunicare tra loro le agenzie hanno bisogno di tempo. [...]

Nella mente di ogni persona normale sembrano esservi certi processi che chiamiamo coscienza. Di solito riteniamo che essi ci consentano di sapere che cosa accade nella nostra mente. Ma questa reputazione di autoconsapevolezza non è molto ben meritata, perché i nostri pensieri coscienti ci rivelano pochissimo di ciò che li genera. [...]

Normalmente riteniamo che coscienza sia sapere che cosa accade nella nostra mente proprio nell'istante attuale. [...]

(Marvin Minsky, La società della mente)