MONTAIGNE, SUL SONNO

 

(a) La ragione ci ordina, certamente, di procedere sempre lungo lo stesso cammino, non però con la stessa andatura: e sebbene il saggio non debba dar motivo alle passioni di sviarlo dalla retta via, può tuttavia, senza pregiudizio del suo dovere, conceder loro anche di affrettare o di ritardare il suo passo, e non piantarsi come un colosso immobile e impassibile. Quand'anche la stessa virtù si incarnasse, io credo che il polso le batterebbe più forte andando all'assalto che andando a pranzare; poiché è anzi necessario che essa si scaldi e si agiti. Per questo motivo ho notato come rarità il vedere talvolta i grandi personaggi, nelle imprese più alte e negli affari più importanti, rimanere tanto tranquilli nella loro normale disposizione d'animo e di corpo da non diminuire nemmeno il proprio sonno. Alessandro Magno, nel giorno fissato per quella furiosa battaglia contro Dario, dormì con tale profondità e fino a mattino inoltrato che Parmenione fu costretto ad entrare in camera sua e, accostandosi al letto, chiamarlo due o tre volte per nome per svegliarlo, giacchè il tempo per andare in battaglia spingeva. L'imperatore Ottone, avendo risolto di uccidersi quella stessa notte, dopo aver posto ordine ai propri affari domestici, distribuito denaro fra i suoi servitori e affilato il taglio della spada con cui voleva trafiggersi, aspettando solamente di sapere se tutti i i suoi amici si fossero messi al riparo, si addormentò così profondamente che i suoi camerieri lo sentirono russare. La morte di quest'imperatore ha molte cose in comune con quella del grande Catone, e soprattutto questo: che Catone, pronto ad uccidersi, mentre attendeva che gli si recasse la notizia che i senatori ch'egli aveva fatto ritirare si erano allontanati dal porto di Utica, si mise a dormire così profondamente che lo si sentiva respirare dalla camera appresso; e quando colui ch'egli aveva inviato al porto lo destò per comunicargli che la tempesta impediva ai senatori di far vela a loro agio, ne rimandò ancora un altro e, reinfilatosi nel letto, si rimise ancora a sonnecchiare finchè quest'ultimo non l'ebbe assicurato della loro partenza. Abbiamo ancora di che accostarlo al fatto di Alessandro, in quella grande pericolosa burrasca che lo minacciava per la sedizione del tribuno Metello, che voleva pubblicare il decreto di richiamo in città di Pompeo insieme col suo esercito, al tempo della sollevazione di Catilina; a questo decreto solamente Catone si opponeva, e fra Metello e lui c'erano state parole grosse e grandi minacce in senato; ma era l'indomani, nel foro, che bisognava passare all'azione, dove, oltre al favore del popolo e di Cesare che allora cospirava a vantaggio di Pompeo, Metello si sarebbe trovato accompagnato da molti schiavi stranieri e da gladiatori, e Carone forte della sua sola fermezza; e così i suoi parenti, i suoi familiari e molte persone per bene erano in gran pensiero. Vi fu anche chi passò la notte con lui senza voler riposare, né bere, né mangiare, scorgendo il pericolo che incombeva su di lui; anche sua moglie e le sue sorelle non facevano che piangere e travagliarsi in casa sua, mentre lui, viceversa, confortava tutti; e dopo aver cenato come al solito, andò a letto per dormire poi d'un sonno davvero profondo fino al mattino, quando uno dei suoi colleghi in tribunato venne a destarlo per andare allo scontro. Le notizie di cui disponiamo sul grande coraggio di quest'uomo per tutto il resto della sua vita possono farci valutare in tutta certezza che ciò procedeva in lui da un animo tanto superiore a tali accidenti, che egli non si degnava di lasciarsene scuotere più che da fatti comuni. Augusto, nella battaglia navale che vinse in Sicilia contro Sesto Pompeo, sul punto di andare in combattimento, si trovò preso da un sonno tanto profondo che fu necessario che i suoi amici lo svegliassero perché desse il segnale della battaglia. Questo diede a M. Antonio l'occasione di rimproverargli successivamente di non aver neppure l'ardire di guardare a occhi aperti lo schieramento del suo esercito, e di non aver osato presentarsi ai soldati, fino a che Agrippa non giunse ad annunciargli la notizia della vittoria che aveva ottenuto sui nemici. Ma quanto poi al giovane Mario, che fece ancora peggio (infatti il giorno della sua ultima battaglia contro Silla, dopo aver schierato il suo esercito e dato l'ordine e il segnale della battaglia, si sdraiò sotto un albero all'ombra, per riposare, e si addormentò così profondamente che potè appena essere svegliato dalla rotta e dalla fuga dei suoi, non avendo visto nulla del combattimento), si narra che questo gli accadesse perché era talmente gravato dalla fatica e dal bisogno di dormire, che la natura non ne poteva più. E a questo proposito i medici diranno se il dormire è tanto necessario che da esso dipenda la nostra vita; giacchè leggiamo, è vero, che si fece morire il re Perseo di Macedonia, prigioniero a Roma, impedendogli il sonno; ma Plinio fa menzione di gente che ha a lungo vissuto senza dormire. (c) In Erodoto si hanno paesi in cui gli uomini dormono o stanno svegli per metà anno. E quelli che scrivono la vita del saggio Epimenide asseriscono che dormì per cinquantasette anni di fila.

 

(Montaigne, Saggi)