Newton, Regole per filosofare

Tratte dall'opera piú famosa di Newton, Princípi matematici della Filosofia naturale, queste regole del filosofare mostrano una concezione secondo la quale la filosofia praticamente coincide con il metodo scientifico.

 

I. Newton, Princípi matematici della Filosofia naturale, III

 

Regola I. Degli eventi naturali non si devono ammettere cause piú numerose di quelle che sono vere e sono sufficienti a spiegare i fenomeni. Dicono i filosofi: la natura non fa nulla invano; e inutilmente viene fatto con molte cose ciò che può esser fatto con poche. La natura infatti è semplice e non sovrabbonda di cause superflue.

Regola II. Perciò, nella misura in cui può essere fatto, ad effetti naturali dello stesso genere devono essere attribuite le stesse cause. Come alla respirazione nell'uomo e nelle bestie, alla caduta di pietre in Europa e in America, alla riflessione della luce sulla Terra e sui pianeti.

Regola III. Le qualità dei corpi che non possono essere aumentate né diminuite, e quelle che appartengono a tutti i corpi sui quali è possibile svolgere esperimenti, devono essere ritenute qualità di tutti i corpi. Le qualità dei corpi infatti si fanno conoscere soltanto mediante esperimenti, e perciò devono essere ritenute generali tutte quelle che si accordano in generale con gli esperimenti e quelle che non possono essere diminuite, non possono neppure essere tolte. Certamente contro il progresso degli esperimenti non devono essere costruiti irragionevolmente dei sogni, né ci si deve allontanare dall'analogia con la natura, dato che essa suole essere semplice e sempre conforme a se stessa. L'estensione dei corpi si fa conoscere soltanto per mezzo dei sensi e non è percepita da tutti, ma in quanto appartiene a tutte le cose sensibili, è affermata in tutte le cose. Si è sperimentato che molti corpi sono duri: ma la durezza del tutto nasce dalla durezza delle parti, quindi possiamo ben concludere che non soltanto sono dure le particelle indivise di quei corpi che vengono percepiti, ma anche tutti gli altri. Che tutti i corpi siano impenetrabili lo deduciamo non con la ragione, ma col senso. Le cose che maneggiamo le troviamo impenetrabili: ne concludiamo quindi che l'impenetrabilità è una proprietà di tutti i corpi. Che tutti i corpi siano mobili e che per effetto di certe forze (che chiamiamo vires inertiae) perseverino nel loro moto o nella loro quiete, lo ricaviamo da simili proprietà osservate nei corpi. Estensione, durezza, impenetrabilità, mobilità e forza d'inerzia del tutto, risultano dalla estensione, durezza, impenetrabilità, mobilità e forza d'inerzia delle parti. Di qui concludiamo che le particelle ultime di tutti i corpi sono estese, dure, impenetrabili, mobili e dotate delle loro proprie forze d'inerzia. E questo è il fondamento dell'intera filosofia. Che le parti divise ma contigue dei corpi possano essere separate le une dalle altre lo abbiamo appreso dai fenomeni e nelle particelle non divise la ragione, com'è dimostrato dalla matematica, è in grado di distinguere parti ancora piú piccole. Ma non possiamo determinare con certezza se le parti cosí distinte e non ancora divise possono essere realmente divise e separate l'una dall'altra dai poteri della natura. Ma se avessimo la prova anche da un solo esperimento che, rompendo un corpo duro e solido, subisce una divisione una qualunque particella non divisa, potremmo concludere, in virtú di questa regola, che sia le parti non divise sia quelle divise possono essere divise e realmente separate all'infinito.

Infine, se da esperimenti e osservazioni astronomiche risulta che tutti i corpi che ruotano intorno alla Terra gravitano verso di essa, e ciò in relazione alla quantità di materia propria a ciascuno, che la Luna gravita verso la Terra in relazione alla propria quantità di materia e che il nostro mare gravita a sua volta verso la Luna e che tutti i pianeti gravitano l'uno verso all'altro, e le comete allo stesso modo verso il Sole, allora si dovrà dire che in virtú di questa regole tutti i corpi gravitano vicendevolmente l'uno verso l'altro. Infatti l'argomento ricavato dai fenomeni circa la gravità universale, sarà anche piú forte di quello concernente l'impenetrabilità dei corpi, sulla quale non abbiamo nessun esperimento e nessuna osservazione fatta direttamente sui corpi celesti. Non affermo che la gravità è essenziale a tutti i corpi: col termine forza insita (vis insita) intendo solo la loro forza di inerzia (vis inertiae). Essa è immutabile. La loro gravità diminuisce a misura che essi si allontanano dalla Terra.

Regola IV. Nella filosofia sperimentale le proposizioni ricavate per induzione dai fenomeni, malgrado le ipotesi contrarie, devono essere considerate vere o rigorosamente o quanto piú possibile, fino a che non si presentino altri fenomeni mediante i quali o sono rese piú rigorose o fatte suscettibili di eccezioni. Dobbiamo seguire questa regola affinché l'argomento dell'induzione non sia eliminato mediante ipotesi.

 

(P. Rossi, La rivoluzione scientifica: da Copernico a Newton, Loescher, Torino, 1973, pagg. 317-319)