Nonostante
l’esigenza di una morale superiore, l’Europa è dominata da una “morale
d’armento”, difesa a tutti i costi dalla religione cristiana e oggi anche dal
movimento democratico, che deriva dal cristianesimo. Infine anche i socialisti
e gli anarchici tendono alla comunità, all’armento. “L’Europa sembra minacciata
da un nuovo buddismo”.
F. Nietzsche, Al di là del bene e del male
202. Diciamo subito ancora una volta quel che già abbiamo detto cento volte: giacché oggi non sono ben disposti gli orecchi a intendere certe verità, le nostre verità! Ci è già abbastanza noto quanto suoni offensivo annoverare, senza fronzoli e non metaforicamente, l’uomo in genere tra gli animali; e ci verrà quasi considerata una colpa l’aver costantemente usato, proprio in riferimento agli uomini delle “idee moderne”, le espressioni “armento”, “istinti dell’armento” e simili. Che importa! Non possiamo fare altrimenti: sta proprio in questo, infatti, la nostra nuova conoscenza. Abbiamo riscontrato che l’Europa ha raggiunto l’unanimità in tutti i suoi principali giudizi morali, senza escludere quei paesi in cui domina l’influsso europeo: si sa, evidentemente, in Europa, quel che Socrate riteneva di non sapere e ciò che quel vecchio famoso serpente aveva un tempo promesso di insegnare – si “sa” oggi che cos’è bene e male. Deve allora aver suoni aspri e tutt’altro che gradevoli agli orecchi la nostra ognor rinnovata insistenza nel dire che è l’istinto dell’uomo animale d’armento quel che in lui crede di saperne abbastanza a questo proposito, celebra se stesso con la lode e il biasimo e chiama se stesso buono: come tale, questo istinto è arrivato a farsi strada, a predominare e a signoreggiare sugli altri e guadagna sempre piú terreno in armonia a quel crescente processo di convergenza e di assimilazione fisiologica di cui esso è un sintomo. La morale è oggi in Europa una morale d’armento – dunque stando a come intendiamo noi le cose – nient’altro che un solo tipo di morale umana, accanto, avanti, e dopo la quale molte altre, soprattutto morali superiori, sono o dovrebbero essere possibili. Contro una tale “possibilità”, contro un tale “dovrebbe”, questa morale però si difende con tutte le sue forze: essa si affanna a dire con ostinazione implacabile “io sono la morale in sé, e non v’è altra morale se non questa!” – anzi, sostenuta da una religione che appagava le piú sublimi concupiscenze delle bestie da mandria, lusingandole, si è giunti al punto che persino nelle istituzioni politiche e sociali troviamo un’espressione sempre maggiormente evidente di questa morale: il movimento democratico costituisce l’eredità di quello cristiano. Ma che il suo ritmo sia ancor troppo lento e indolente per gli impazienti, i malati e i morbosamente smaniosi, lo attesta il tumulto ognor piú furibondo dell’anarchica canea, digrignante i denti in guisa sempre piú manifesta, che va girando per le strade della cultura europea: in apparente antitesi coi democratici e cogli ideologi rivoluzionari pacificamente operosi e ancor piú coi melensi filosofastri e zelatori della fratellanza, i quali si dicono socialisti e vogliono la “libera società”, ma in verità unanimi con tutti costoro nella radicale e istintiva inimicizia contro ogni altra forma sociale che non sia quella della mandria autonoma (arrivando persino al rifiuto del concetto di “padrone” e “servo” – ni dieu ni maître, dice una formola socialista –); unanimi nella tenace opposizione a ogni pretesa particolare, a ogni particolare diritto e privilegio (la qual cosa, in definitiva, significa opposizione ad ogni diritto: giacché se tutti sono uguali, nessuno ha piú bisogno di “diritti”); unanimi nel diffidare della giustizia punitiva (come se essa rappresentasse una violenza esercitata su chi è piú debole, un torto arrecato alla necessaria conseguenza di tutte le società anteriori); ed egualmente unanimi nella religione della compassione, nel simpatizzare interiormente con tutto quanto è sentito, vissuto, sofferto (scendendo in basso fino al livello della bestia o innalzandosi a “Dio” – l’aberrazione di una “compassione verso Dio” appartiene a un’epoca democratica –); tutti quanti unanimi nel grido e nell’impazienza della compassione, nell’odio mortale contro il dolore in generale, nella quasi femminea incapacità di poter restare a guardare, di poter lasciare che si soffra; unanimi nel forzato offuscamento e infrollimento, alla mercé del quale l’Europa sembra minacciata da un nuovo buddhismo; unanimi nella fede in una morale della pietà comunitaria, come se questa fosse la morale in sé, la vetta ormai raggiunta dagli uomini, l’unica speranza dell’avvenire, il conforto del presente, il grande riscatto di tutte le colpe del passato; tutti quanti unanimi nella fede verso la comunità quale redentrice, dunque, verso l’armento in “sé”.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1976, vol. XXV, pagg.
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