Nietzsche, Per gli spiriti forti

Per noi che siamo antidemocratici – afferma Nietzsche – l’ideale è uno spirito forte, capace di capovolgere gli “eterni valori” e di affermare la volontà dell’uomo come dominatore del suo destino. Gli uomini forti salveranno gli altri dal processo degenerativo in cui sono immersi.

 

F. Nietzsche, Al di là del bene e del male

 

203. Noi, che abbiamo una fede diversa – noi, per i quali il movimento democratico rappresenta non soltanto una forma di decadenza dell’organizzazione politica, ma anche una forma di decadenza, cioè d’immeschinimento, dell’uomo, un suo mediocrizzarsi e invilirsi: dove dobbiamo tendere noi, con le nostre speranze? – Verso nuovi filosofi, non c’è altra scelta; verso spiriti abbastanza forti e originali da poter promuovere opposti apprezzamenti di valore e trasvalutare, capovolgere “valori eterni”: verso precursori, verso uomini dell’avvenire che nel presente stringono imperiosamente quel nodo che costringerà la volontà di millenni a prendere nuove strade. Per insegnare all’uomo che l’avvenire dell’uomo è la sua volontà, è subordinato a un volere umano, e per preparare grandi rischi e tentativi totali di disciplina e d’allevamento, allo scopo di mettere in tal modo fine a quell’orribile dominio dell’assurdo e del caso che fino a oggi ha avuto il nome di “storia”– l’assurdo del “maggior numero” è soltanto la sua forma ultima –: per questo sarà, a un certo momento, necessaria una nuova specie di filosofi e di reggitori, di fronte ai quali tutti gli spiriti nascosti, terribili e benigni, esistiti sulla terra, sembreranno immagini pallide e imbastardite. E l’immagine di tali condottieri che si libra dinanzi ai nostri occhi: posso dirlo forte a voi, spiriti liberi? Le circostanze che si dovrebbero in parte creare, in parte utilizzare, perché essi sorgano; le vie e le prove presumibili, in virtú delle quali un’anima potrebbe crescere sino a un’altezza e a una forza tali da sentire la costrizione verso questi compiti; una trasvalutazione dei valori, sotto il nuovo torchio e martello della quale una coscienza verrebbe temprata e un cuore trasmutato in bronzo, cosí da poter sopportare il peso di una nuova responsabilità; e d’altro canto la necessità di tali condottieri, il tremendo pericolo che essi possano non giungere, o fallire, o degenerare – queste sono le nostre vere ambasce e abbuiamenti, lo sapete voi, voi, spiriti liberi? Questi sono i nostri pesanti, lontani pensieri e uragani che toccano il cielo della nostra vita. Esistono pochi dolori cosí penetranti come quello di aver veduto, divinato, partecipato intimamente al modo con cui un uomo d’eccezione è uscito dalla sua strada ed è andato tralignando: ma chi tiene rivolto il suo inconsueto sguardo al comune pericolo che l’uomo stesso degeneri, chi, come noi, ha conosciuto la mostruosa casualità, che sino a oggi ha giocato sull’avvenire umano – un giuoco in cui né una mano e neppure un “dito d’Iddio” si sono mai immischiati! – chi intuisce la sinistra fatalità che ci si cela nella dabbenaggine idiota e nella fiduciosa beatitudine delle “idee moderne”, e ancor piú in tutta quanta la morale cristiano-europea, proverà una stretta al cuore, alla quale non è dato paragonarne altra – anzi abbraccerà con un unico sguardo tutto quello che, con una favorevole concentrazione e un incremento di forze e di compiti, una plasmazione educativa potrebbe ancora ricavare dall’uomo; con tutto quel che la sua coscienza sa, si renderà conto che l’uomo non è ancora esaurito per le sue possibilità piú grandi, e che già spesso il tipo “uomo” è stato vicino a misteriose decisioni e a nuove strade; – meglio ancora saprà, per un suo stesso dolorosissimo ricordo, su quali miserabili cose è accaduto in genere fino a oggi che realtà in divenire, di primissimo rango, finissero per infrangersi, sfasciarsi, inabissarsi lentamente e rendersi esse stesse miserabili. La degenerazione totale dell’uomo, che nel suo grado piú basso arriva a quel che per i babbuassi socialisti e per le teste vuote rappresenta l’“uomo dell’avvenire” – il loro ideale! – questa degenerazione e questo immeschinimento dell’uomo in perfetta bestia d’armento (o, come costoro dicono, in uomo di una “libera società”), questo animalizzarsi dell’uomo in bestia nana fornita di eguali diritti ed esigenze è possibile, non vi è dubbio! Chi anche una sola volta ha meditato sino in fondo questa possibilità, conosce un disgusto di piú rispetto agli altri uomini, e forse anche un nuovo compito!

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1976, vol. XXV, pag. 322-323