Durante l’Historikerstreit
fu posto il problema dell’unicità e quindi dell’imparagonabilità di Auschwitz.
Nonostante la complessità dei giochi politici e le reciproche accuse, questo
tema rimane di significato chiaramente filosofico. Nell’opera Nazionalismo
e bolscevismo, in cui presenta la tesi che il periodo 1917-1945 sia da
interpretare come una “guerra civile europea”, Nolte rileva che l’idea che
esista nella storia qualcosa di “non paragonabile”, quindi di assoluto, non può
essere accettato dallo storico e che comunque per dire che qualcosa è
imparagonabile bisogna che sia stato prima paragonato con qualcos’altro.
E. Nolte, Der
europäische Bürgerkrieg 1917-1945. Nationalsozialismus und Bolschewismus [La
guerra civile europea 1917-1945. Nazionalsocialismo e bolscevismo]
Auschwitz era un sovrappiú in un significato ancora piú profondo di quanto lo fossero la lotta antipartigiana, rivolta alla totale sicurezza e quindi preventiva, e quel socialismo biologico che pianificava 1’“eliminazione di tutto ciò che è nocivo e malsano” di cui furono vittime moltissimi zingari e che si rivolse contro gli slavi. La “soluzione finale” è unica in un senso non banale, ma con ciò non è incomparabile; infatti il diritto di chiamarla unica nel suo genere nasce solo dal confronto il piú ampio possibile e il grande iato dell’incomprensibilità può essere collocato solo in un punto che viene alla luce dopo un lungo cammino per la lotta della comprensione.
[...]
L’asprezza delle resistenze suscitate dalla tesi che l’arcipelago Gulag sia stato piú originario di Auschwitz e che tra i due sussista un nesso causale, alla fine dei conti può essere spiegata solo con motivazioni politiche che a loro volta forniscono l’esca a insinuazioni politiche. Si è dell’avviso che questa tesi e la sua dimostrazione disturbino la coesistenza auspicabile tra le potenze mondiali e che ostacolino l’ulteriore sviluppo dell’umanità, divenuta cosí numerosa e cosí forte da rappresentare un pericolo per la sua stessa coesistenza pacifica sul pianeta ormai troppo piccolo. Ma il vero pericolo per l’auspicabile sviluppo nasce dall’affermazione che in questo mondo ci sarebbero soltanto due campi e che solo uno di essi avrebbe la capacità e la volontà di garantire la pace mentre l’altro, essendo il male universale, cercherebbe di inasprire tutti i conflitti mirando in ultima analisi a un dominio universale.
[...]
Non esiste un male universale dal quale il mondo dovrebbe essere guarito; il socialismo reale è un concetto-limite al quale non potrà mai corrispondere una qualche realtà; tra i due poli della pura economia di Stato e di un capitalismo di tipo manchesteriano basato su un’economia privata senza restrizioni, ci sono numerose sfumature i cui pro e contro vanno ripetutamente saggiati.
E. Nolte, Bolscevismo e nazionalsocialismo,
Sansoni, Firenze 1988, pag. 414 e 441-442