NIETZSCHE, DIONISO E IL CROCIFISSO

I due tipi: Dioniso e il Crocifisso. Da stabilire: il tipico uomo religioso è una forma di dècadence (i grandi innovatori sono, tutti insieme e uno per uno, malati ed epilettici)? Così non lasciamo da parte un tipo dell'uomo religioso, il tipo pagano? Il culto pagano non è una forma di riconoscenza alla vita e di affermazione della vita? Il suo supremo rappresentante non dovrebbe essere un'apologia e una divinizzazione della vita? Un tipo di spirito ben riuscito e traboccante, estatico… Un tipo di spirito che accoglie in sé le contraddizioni e i problemi della vita, e li redime? Qui io pongo il Dioniso dei Greci: l'affermazione religiosa della vita, della vita intera, non negata né dimezzata; che l'atto sessuale susciti pensieri di profondità, di mistero, di rispetto, è tipico. Dioniso contro il Crocifisso: eccovi il contrasto. Non è una differenza nel martirio: piuttosto, il martirio ha un altro senso. In un caso, la vita stessa, la sua eterna fecondità e il suo ritornare determina il tormento, la distruzione, la volontà di annientamento… Nell'altro, la sofferenza, il Crocifisso come innocente, è un'obiezione contro questa vita, è la formula della sua condanna. E si capisce: il problema è quello del senso della sofferenza: o un senso cristiano o un senso tragico. Nel primo caso la sofferenza è la via che conduce ad un'esistenza beata; nel secondo, si ritiene che l'essere sia abbastanza beato da giustificare anche una sofferenza mostruosa. L'uomo tragico approva anche la sofferenza più aspra: è abbastanza forte, ricco, divinizzatore per farlo; il cristiano dice di no anche alla sorte più felice che ci sia sulla terra: ed è abbastanza debole, povero, diseredato per soffrire della vita in ogni sua forma… il Dio in croce è una maledizione scagliata sulla vita, un dito levato a comandare di liberarsene- Dioniso fatto a pezzi è una promessa di vita; la vita rinasce in eterno e ritornerà in patria, tornerà alla distruzione.

(F. Nietzsche, La volontà di potenza)