Per abbellire le cose della vita, Nietzsche ci consiglia di adottare il metodo degli artisti: la creatività che sposta sempre il suo punto di vista. Tratto da "La gaia scienza".
299. Quanti mezzi abbiamo per fare belle, attraenti, desiderabili le cose, quando non sono tali? Io penso che in sé esse non lo siano mai. A questo punto, i medici hanno qualcosa da insegnarci, quando per esempio diluiscono l'amaro oppure mescolano vino e zucchero nei recipienti delle loro misure; ma ancor più hanno qualcosa da insegnarci gli artisti, che propriamente son di continuo intenti a escogitare invenzioni e prestigiosi giuochi di questo genere. Ad allontanarsi dalle cose, finché molto di esse non lo si vede più e molto invece si deve aggiungere con i nostri occhi per vederle ancora - oppure a vedere le cose di lato e come in uno scorcio - o a disporle in modo che in parte restino dissimulate e offrano soltanto la possiblità d'intravederle in prospettiva - ovvero a contemplarle per entro un vetro colorato o alla luce del tramonto - o dar loro una superficie e un'epidermide che non abbia una piena trasparenza: tutto questo dobbiamo imparare dagli artisti, e per il resto essere più saggi di loro. In essi, infatti, questa loro sottile forza cessa di solito, laddove cessa l'arte e comincia la vita; noi, invece, vogliamo essere i poeti della nostra vita e in primo luogo nelle cose minime e più quotidiane.
(F. Nietzsche, Idilli di Messina, La gaia scienza, Scelta di frammenti postumi 1881-1882, pag. 166, testo critico di G. Colli e M. Montanari, Mondadori, 1965)