Un omaggio ad Epicuro, filosofo greco tra i prediletti di Nietzsche, in un frammento tratto dagli "Idilli di Messina".
45. Epicuro. Sì, sono fiero di sentire il carattere di Epicuro diversamente, forse, da chiunque altro, e soprattutto di gustare ciò che ascolto e leggo in lui, la gioia meridiana dell'antichità: vedo il suo occhio che guarda un vasto, abbacinante mare, oltre gli scogli delle rive sui quali si posa il sole, mentre grandi e piccole fiere giuocano nella sua luce, sicure e placide come questa luce e quell'occhio stesso. Una tale gioia l'ha potuta inventare solo un uomo che non trova pace nel dolore, la gioia d'un occhio davanti al quale il mare dell'esistenza si è quietato e che non si sazia più di guardare la sua superficie, e questo screziato, tenero, abbrividente velo di mare: non era mai esistita - prima di allora - una tale compostezza della volluttà.
(F. Nietzsche, Idilli di Messina, La gaia scienza, Scelta di frammenti postumi 1881-1882, pag. 70, testo critico di G. Colli e M. Montanari, Mondadori, 1965)