Parlo anch'io di ritorno alla natura, quantunque questo non sia propriamente un retrocedere, quanto invece un andare in alto - in alto verso l'eccelsa, libera, e anche tremenda natura e naturalità, una natura che gioca e può giocare coi grandi compiti. Per esprimerci con una similitudine: Napoleone fu un frammento del ritorno alla natura, così come lo intendo io, per esempio in rebus tacticis e più ancora, come sanno i militari, nella strategia). Ma Rousseau, questo primo uomo moderno, idealista e canaille in una sola persona; che ebbe bisogno della dignità morale per sopportare il suo stesso aspetto; malato di una sfrenata vanità e di un illimitato disprezzo di sé. Anche questa creatura mal riuscita, che ha preso posto sulla soglia della nuova età, voleva il ritorno alla natura - dove, chiediamo ancora una volta, voleva tornare Rousseau? - Odio Rousseau anche nella rivoluzione: essa è l'espressione nella storia universale di quella doppia natura d'idealista e di canaille. La farsa sanguinosa in cui questa rivoluzione si sviluppò, la sua immoralità, m'importa poco: quel che odio è la sua rousseauiana moralità - le cosiddette verità della rivoluzione con le quali essa continua sempre a esercitare i suoi effetti e a conciliarsi tutto ciò che è piatto e mediocre. La dottrina dell'uguaglianza!...Ma non c'è tossico più velenoso: essa infatti sembra predicata dalla giustizia...l'uguale agli uguali, il diseguale ai diseguali - questo sarebbe il vero discorso della giustizia: e, come ne consegue, mai uguagliare il disuguale. Il fatto che intorno a questa dottrina dell'uguaglianza si siano avuti tanti orribili e sanguinosi avvenimenti ha conferito a questa idea moderna par excellence una specie di aureola e di fiammeggiante splendore, cosicché la rivoluzione come spettacolo ha sedotto anche i più nobili spiriti. Ma infine questa non è una ragione per apprezzarla di più.
(F. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli)