Qui Nietzsche, con molto acume, tenta una spiegazione antropologica dell'origine delle religioni: egli afferma che due grandi maestri quali Gesù (o Paolo di Tarso) e Buddha abbiano desunto le linee fondamentali della loro dottrina non dall'insegnamento di uno spirito divino originario, ma dallo spirito degli uomini tra i quali predicavano, adattandosi ad esso.
353.
Dell'origine delle religioni. L'invenzione peculiare dei fondatori di religioni
è, in primo luogo, quella di dar l'avvio a un determinato genere di
vita e di costumi giornalieri, che agisce come disciplina voluntatis
e al tempo stesso caccia via la noia; in secondo luogo, è quella di
dare precisamente a questa vita un'interpretazione, in virtù
della quale essa appare circonfusa del valore più alto, così
da diventare ormai un bene per il quale si lotta, e in determinate circostanze
si sacrifica la vita. In verità è la seconda di queste due invenzioni
quella più essenziale: la prima, il genere di vita, di solito esisteva
già, accanto però ad altri modi di vita, e inconsapevole del
valore che portava dentro di sé. Il significato, l'originalità
del fondatore di una religione si rendono di solito evidenti nel fatto che
egli lo vede, questo genere di vita, lo sceglie, per la prima
volta prevede a qual fine può servire, come può essere
interpretato.
Gesù (o Paolo), per esempio, s'imbattè nella vita della povera
gente della provincia romana, una vita modesta, piena di virtù, conculcata;
egli la interpretò: ripose in essa il più alto senso e valore
- e con ciò il coraggio di disprezzare ogni altro genere di vita, il
tranquillo fanatismo di chi custodisce il Signore, la segreta sotterranea
fiducia in se stessi che cresce sempre di più, e infine è pronta
a "conquistare il mondo" (cioè Roma e le classi superiori
dell'intero impero).
Similmente Buddha incontrò quella specie di uomini, sparsi invero in
tutte le classi e gradi sociali del suo popolo, che per indolenza sono buoni
e affabili (soprattutto inoffensivi) e che ugualmente per indolenza vivono
nell'astinenza, quasi senza bisogni; egli capì che una tale specie
di uomini, inevitabilmente, con tutta la sua vis inertiae, doveva rotolare
nel cuore di una fede che promette di preservare dal ritorno dei terreni
affanni (cioè del lavoro, dell'agire in generale): "aver compreso"
questo costituì il suo genio.
E' propria del fondatore di una religione un'infallibilità psicologica
nel conoscere un determinato genere medio di anime, che non si sono ancora
riconosciute come appartenenti alla stessa categoria. Egli è
quello che le raccoglie insieme: la fondazione di una religione diventa sempre,
in questo senso, una lunga cerimonia di riconoscimento.
(F. Nietzsche, Idilli di Messina, La gaia scienza, Scelta di frammenti postumi 1881-1882, pag. 207, testo critico di G. Colli e M. Montanari, Mondadori, 1965)