Peano, Sulle definizioni

Partendo da Aristotele ed esaminando anche le posizioni di altri filosofi, il grande matematico italiano Giuseppe Peano (1858-1932) mette in evidenza in questa lettura l’utilità delle definizioni ma anche la presenza in esse di inesattezze e incertezze lessicali. Traduzione della frase in francese: “Le definizioni sono molto libere e non sono mai soggette ad essere contraddette, poiché non c’è nulla di piú permesso che di dare ad una cosa che uno ha chiaramente indicato, il nome che egli vorrà”. Traduzione della frase in latino: “Le definizioni sono di per sé arbitrarie; tuttavia devono essere accomodate ed approvate dal consenso comune degli amici”.

 

G. Peano, La definizione in matematica

 

Le definizioni sono utili, ma non necessarie, poiché al posto del definito si può sempre sostituire il definiente, e perciò eliminare da tutta la teoria il definito. Questa eliminazione è cosa molto importante. Se eliminando il simbolo definito, la nuova esposizione non è piú lunga e piú complicata della precedente, ciò significa che quella definizione era poco utile. Se si incontrano difficoltà nella eliminazione, ciò prova che la definizione non fu ben data; anzi questo metodo della sostituzione è ottimo per riconoscere l’esattezza d’una definizione.

Ciò già disse Aristotele, Top. 6, 4: “affinché l’inesattezza della definizione diventi manifesta, devesi porre, al luogo del nome, il concetto”.

I numeri razionali si definiscono mediante i naturali; quindi ogni teorema sui razionali si può trasformare in un teorema sui soli numeri naturali; la cosa è facile, e si ritrova il linguaggio di Euclide.

I numeri irrazionali si definiscono mediante i numeri razionali, quindi ogni teorema di analisi deve in definitiva essere un teorema sui numeri naturali. La trasformazione fu tentata da alcuni autori, ma la cosa non è facile. [...]

Le definizioni, in teoria sono arbitrarie. Dice Pascal: “les définitions sont très libres, et elles ne sont jamais sujettes à être contredites, car il n’y a rien de plus permis que de donner à une chose qu’on a clairement désignée, un nom tel qu’on voudra”. Leibniz pone però una limitazione pratica: “Definitiones per se quidem sunt arbitrariae, usui tamen accomodari et communi sociorum consensu probari debent

Hobbes [...] aveva già detto: “se le definizioni sono arbitrarie, tutta la matematica, che basa sulle definizioni, è una scienza arbitraria”. Ma, supposte le definizioni arbitrarie, risulta solo arbitrari la forma della matematica, non il contenuto dei teoremi. Anche nella forma noi dobbiamo seguire l’uso del linguaggio comune e matematico, astenendosi dal fabbricare nuovi nomi, o dare nuovi significati alle parole note, senza necessità. Se ad una parola del linguaggio comune si dà un significato molto diverso, come differenziale, integrale, vettore, essa figura come una parola nuova, e non c’è pericolo di confusione.

Ma se ad una parola si dà un significato poco diverso il pericolo di confusione è continuo.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1978, vol. XXXI, pag. 389