Pirrone, La sospensione del giudizio (epoché)

Diogene Laerzio riporta alcune testimonianze su Pirrone e sulla “sospensione del giudizio” (epoché). Molto probabilmente questo concetto è entrato nella tradizione scettica in epoca posteriore a Pirrone. Ascanio di Abdera è personaggio del tutto sconosciuto; Enesidemo scrive quando il concetto di epoché è ormai considerato un caposaldo dello scetticismo: quindi la sua testimonianza non è sufficiente a dimostrare che esso risalga proprio a Pirrone.

 

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, IX, 61-62

 

1      [...] Seguí poi Anassarco e lo accompagnò dovunque nei suoi viaggi, cosí che ebbe la possibilità di avere rapporti con i Gimnosofisti in India e con i Magi.

2      Di qui attinse maggiore stimolo per le sue convinzioni filosofiche e pare che egli si aprí la via piú nobile per la filosofia, in quanto introdusse e adottò i princípi della acatalessia (akatalepsía, cioè l’irrappresentabilità e incomprensibilità delle cose) e della sospensione del giudizio (epoché): questo primato gli viene attribuito da Ascanio di Abdera. Pirrone diceva che niente è bello né brutto, niente è giusto né ingiusto, e similmente applicava a tutte le cose il principio che nulla esiste in verità e sosteneva che tutto ciò che gli uomini fanno accade per convenzione e per abitudine, e che ogni cosa non è piú questo che quello.

3      [...] Enesidemo afferma però che nella filosofia applicava il principio della sospensione del giudizio, ma che nella vita quotidiana si comportava con cautela e preveggenza. [...]

 

(Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Laterza, Bari, 19872, vol. II, pagg. 378-379)