Platone, Filosofi al Governo (Repubblica)

Nel passo, dedicato al problema del governo dello Stato, sono presenti vere e proprie ingenuità, come la convinzione che il filosofo non sia per nulla attratto dal fascino del potere, anzi lo eviti tenacemente, per cui lo si debba costringere ad esercitarlo. La storia della filosofia smentisce questa illusione. E non può che lasciare stupiti l’idea che tanto meno uno abbia desiderio di governare, tanto piú è probabile che egli sappia farlo benissimo.

 

Repubblica, 519e-521b

 

[519 e] – Ti sei dimenticato di nuovo, mio caro, replicai, che alla legge non interessa che una sola classe dello stato si trovi in una condizione particolarmente favorevole. Essa cerca di realizzare questo risultato nello stato tutto: armonizza tra loro i cittadini persuadendoli e [520 a] costringendoli, fa che si scambino i vantaggi che i singoli sappiano procurare alla comunità; e creando nello stato simili individui, la legge stessa non lo fa per lasciarli volgere dove ciascuno voglia, ma per valersene essa stessa a cementare la compattezza dello stato. – È vero, rispose; me ne sono dimenticato. – Considera poi, Glaucone, continuai, che non faremo torto nemmeno a quelli che nel nostro stato nascono filosofi; ma che saranno giuste le cose che loro diremo costringendoli a curare e custodire gli altri. [b] Parleremo cosí: coloro che nascono filosofi negli altri stati, è naturale che non partecipino alle fatiche politiche, perché sorgono spontanei, indipendentemente dalla costituzione dei singoli stati; e ciò che è spontaneo, non dovendo il nutrimento ad alcuno, è giusto che non si senta spinto a pagare ad alcuno le spese. Voi però, vi abbiamo generato per voi stessi e per il resto dello stato, come negli sciami i capi e i re; avete avuto educazione migliore e piú perfetta [c] che non quegli altri filosofi, e maggiore attitudine a svolgere ambedue le attività. Ciascuno deve dunque, a turno, discendere nella dimora comune agli altri e abituarsi a contemplare quegli oggetti tenebrosi. Abituandovi, vedrete infinitamente meglio di quelli laggiú e conoscerete quali siano le singole visioni, e quali i loro oggetti, perché avrete veduto la verità sul bello, sul giusto e sul bene. E cosí per noi e per voi l’amministrazione dello stato sarà una realtà, non un sogno, come invece oggi avviene nella maggioranza degli stati, amministrati da persone che si battono fra loro per ombre e si disputano il potere, come se fosse [d] un grande bene. La verità è questa: lo stato in cui chi deve governare non ne ha il minimo desiderio, è per forza amministrato benissimo, senza la piú piccola discordia, ma quello in cui i governanti sono di tipo opposto, è amministrato in modo opposto. – Senza dubbio, rispose. – Ebbene, credi che, udendo questi discorsi, i nostri pupilli ci disobbediranno e vorranno non collaborare alle fatiche politiche, ciascuno a turno, e abitare la maggior parte  del tempo in reciproca compagnia nel mondo puro? [e] – È impossibile, disse; perché a persone giuste come sono essi, prescriveremo cose giuste. La cosa piú importante di tutte è che ciascuno di essi va al governo per obbligo, mentre chi governa oggidí nei singoli stati si comporta in modo opposto. – E cosí, amico, dissi; se per [521 a] chi dovrà governare troverai un modo di vita migliore del governare, ottima potrà essere l’amministrazione del tuo stato, perché sarà il solo in cui governeranno le persone realmente ricche, non di oro, ma di quella ricchezza che rende l’uomo felice, la vita onesta e fondata sull’intelligenza. Se invece vanno al potere dei pezzenti, avidi di beni personali e convinti di dover ricavare il loro bene di lí, dal governo, non è possibile una buona amministrazione: perché il governo è oggetto di contesa e una simile guerra civile e intestina rovina con loro tutto il resto dello stato. – Verissimo, rispose. – Conosci dunque, ripresi, [b] qualche altro modo di vita che spregi le cariche pubbliche e non sia quello del vero filosofo? – No, per Zeus!, rispose. – D’altra parte, al governo devono andare persone che non amino governare. Altrimenti la loro rivalità sfocerà in contesa. – Come no? – Chi dunque costringerai ad assumersi la guardia dello stato se non coloro che meglio conoscono quali sono i modi per la migliore amministrazione di uno stato, e che possono avere altri onori e una vita migliore di quella politica? – Nessun altro, rispose.

 

(Platone, Opere, vol. II, Laterza, Bari, 1967, pagg. 344-346)