In questo passo del sesto libro della Repubblica Platone sottolinea la
distinzione fra il mondo visibile e quello intelligibile, all’interno dei quali
si procede a una ulteriore distinzione fra gli enti (sensibili e intelligibili)
e la loro immagine. La separazione fra mondo dei sensi e mondo dell’intelletto
non esclude una forma di comunicazione tra le due realtà, quella
comunicazione garantita dalla dialettica della partecipazione. Cosí,
anche sul piano della conoscenza è possibile individuare una forma di
continuità: il segmento proposto da Platone è sí diviso in quattro, ma rimane
uno. Al livello piú basso sta l’immaginazione (eikasía), cui
segue la credenza (pístis). A livello intelligibile troviamo la
conoscenza matematica (diánoia) e la filosofia (nóesis). La diánoia
si viene a trovare in una “zona intermedia” fra la nóesis e la dóxa.
La conoscenza filosofica (nóesis), una volta raggiunta, non ha piú
bisogno di “punti di appoggio”: essa è completamente autonoma nel procedere
dialettico, in un movimento che va dalle Idee alle Idee. Socrate ha qui come
interlocutore Glaucone.
Repubblica, 509d-511e
1 [509 d] – Ebbene, ripresi, immagina
che, come stiamo dicendo, siano essi due princípi, e che reggano uno il genere
e il mondo intelligibile, l’altro quello visibile. Mi esprimo cosí perché
dicendo “mondo celeste” non ti día l’impressione di sofisticare sul nome. ti
rendi conto di queste due specie, visibile e intelligibile? – Me ne rendo
conto. – Supponi ora di prendere una linea bisecata in segmenti ineguali e,
mantenendo costante il rapporto, dividi a sua volta ciascuno dei due segmenti,
quello che rappresenta il genere visibile e quello che rappresenta il genere
intelligibile; e, secondo la rispettiva chiarezza e oscurità, tu avrai, [e]
nel mondo visibile, un primo segmento, le immagini. Intendo per immagini in
primo luogo le ombre, poi i [510 a] riflessi nell’acqua e in tutti gli
oggetti formati da materia compatta, liscia e lucida, e ogni fenomeno simile,
se comprendi. – Certo che comprendo. – Considera ora il secondo, cui il primo
somiglia: gli animali che ci circondano, ogni sorta di piante e tutti gli
oggetti artificiali. – Lo considero, rispose. – Non vorrai ammettere, feci io,
che il genere visibile è diviso secondo verità, ossia che l’oggetto simile sta
al suo modello come l’opinabile [b] sta al conoscibile? – Io sí, disse,
certamente. – Esamina poi anche in quale maniera si deve dividere la sezione
dell’intelligibile. – Come? – Ecco: l’anima è costretta a cercarne la prima
parte ricorrendo, come a immagini, a quelle che nel caso precedente erano le
cose imitate; e partendo da ipotesi, procedendo non verso un principio, ma
verso una conclusione. Quanto alla seconda parte, quella che mette capo a un
principio non ipotetico, è costretta a cercarla movendo dall’ipotesi e
conducendo questa sua ricerca senza le immagini cui ricorreva in quell’altro
caso, con le sole idee e per mezzo loro. – Non ho ben compreso, rispose, queste
tue parole. – Ebbene, [c] ripresi, torniamoci sopra: comprenderai piú
facilmente quando si sarà fatta questa premessa. Tu sai, credo, che coloro che
si occupano di geometria, di calcoli e di simili studi, ammettono in via
d’ipotesi il pari e il dispari, le figure, tre specie di angoli e altre cose
analoghe a queste, secondo il loro particolare campo d’indagine; e, come se ne
avessero piena coscienza, le riducono a ipotesi e pensano che non meriti piú
renderne conto né a se stessi né ad [d] altri, come cose a ognuno
evidenti. E partendo da queste, eccoli svolgere i restanti punti
dell’argomentazione e finire, in piena coerenza, a quel risultato che si erano
mossi a cercare. – Senza dubbio, rispose, questo lo so bene. – E quindi sai
pure che essi si servono e discorrono di figure visibili, ma non pensando a
queste, sí invece a quelle di cui queste sono copia: discorrono del quadrato in
sé e della diagonale in sé, ma non di quella che tracciano, e [e] cosí
via; e di quelle stesse figure che modellano e tracciano, figure che danno
luogo a ombre e riflessi in acqua, si servono a loro volta come di immagini,
per cercar di [511 a] vedere quelle cose in sé che non si possono vedere
se non con il pensiero, dianoeticamente. – È vero quello che dici, rispose.
2 – Ecco dunque che cosa intendevo per
specie intelligibile, e dicevo che, ricercandola, l’anima è costretta a
ricorrere a ipotesi, senza arrivare al principio, perché non può trascendere le
ipotesi; essa si serve, come d’immagini, di quegli oggetti stessi di cui quelli
della classe inferiore sono copie e che in confronto a questi ultimi sono
ritenuti e stimati evidenti realtà. – Comprendo, disse, che ti [b]
riferisci al mondo della geometria e delle arti che le sono sorelle. – Allora
comprendi che per secondo segmento dell’intelligibile io intendo quello cui il
discorso attinge con il potere dialettico, considerando le ipotesi non
princípi, ma ipotesi nel senso reale della parola, punti di appoggio e di
slancio per arrivare a ciò che è immune da ipotesi, al principio del tutto; e,
dopo averlo raggiunto, ripiegare attenendosi rigorosamente alle conseguenze che
ne derivano, e cosí discendere alla conclusione senza [c] assolutamente
ricorrere a niente di sensibile, ma alle sole idee, mediante le idee passando
alle idee; e nelle idee termina tutto il processo. – Comprendo, rispose, ma non
abbastanza. Mi sembra che tu parli di una operazione complessa. Comprendo però
il tuo desiderio di precisare che quella parte dell’essere e dell’intelligibile
che è contemplata dalla scienza dialettica è piú chiara di quella contemplata
dalle cosiddette arti, per le quali le ipotesi sono princípi; e coloro che
osservano gli oggetti delle arti sono costretti, sí, a osservarli con il
pensiero senza ricorrere ai sensi, ma [d] poiché li esaminano senza
risalire al principio, bensí per via d’ipotesi, a te sembrano incapaci
d’intenderli, anche se questi oggetti sono intelligibili con un principio. E, a
mio avviso, tu chiami pensiero dianoetico, ma non intelletto, la condizione
degli studiosi di geometria e di simili dotti, come se il pensiero dianoetico
venisse a essere qualcosa di intermedio tra l’opinione e l’intelletto. – Hai
capito benissimo, feci io. Ora applicami ai quattro segmenti questi quattro
processi che si svolgono nell’anima: applica [e] l’intellezione al piú
alto, il pensiero dianoetico al secondo, al terzo assegna la credenza e
all’ultimo l’immaginazione; e ordinali proporzionalmente, ritenendo che essi
abbiano tanta chiarezza quanta è la verità posseduta dai loro rispettivi
oggetti. – Comprendo, rispose, sono d’accordo e li ordino come dici.
(Platone, Opere, vol. II,
Laterza, Bari, 1967, pagg. 334-337)