Platone espone in queste pagine la
dottrina della concordanza fra la struttura dell’anima individuale e quella
della vita sociale, da cui deriverà la sua teoria politica sullo Stato
“epistemico”. L’interlocutore di Socrate è Glaucone.
Repubblica, 441 c-e
[441 c] [...] – Ecco, feci io,
che, pur a stento, abbiamo superato queste difficoltà e ci siamo resi ben conto
che le parti che costituiscono lo stato e le parti che costituiscono l’anima di
ciascun individuo, sono le stesse e in numero eguale. – È cosí. – Ora,
conseguenza necessaria e immediata non è che anche il privato individuo sia
sapiente come lo era lo stato e per via del medesimo elemento? [d] – Sí,
certamente. – E che, dunque, anche lo stato sia coraggioso nel modo in cui lo è
un privato, e con il medesimo elemento? e che identica sia la loro condizione
in qualunque altro rapporto con la virtú? – Per forza. – E dunque, Glaucone,
dovremo dire giusto, io credo, un uomo allo stesso modo in cui lo era lo stato.
– Anche questo, per forza. – Non ci siamo però dimenticati che quello stato era
giusto in quanto ciascuna delle tre classi che lo costituivano adempiva il
compito suo. – Non ce ne siamo dimenticati, mi sembra, rispose. – Dobbiamo
allora ricordare che anche ciascuno di noi, se ciascuno dei [e] suoi
elementi adempie i suoi compiti, sarà un individuo giusto che adempie il suo
compito. – Sí, fece, dobbiamo ricordarcene. – Ora, all’elemento razionale, che
è sapiente e vigila su tutta l’anima, non toccherà governare? e all’elemento
animoso essergli suddito e alleato? – Senza dubbio. [...]
(Platone, Opere, vol. II, op.
Laterza, Bari, 1967, pagg. 265-266)