Plotino, Dalla purificazione alla contemplazione, la bellezza

L’anima purificata si fa bella; la sua bellezza, superiore a quella della realtà esterna, è premessa alla possibilità di una elevazione fino a raggiungere la visione della Bellezza in sé, cioè dell’Idea del Bello presente nella seconda ipostasi. Questa concezione della bellezza è di chiara derivazione platonica.

 

Enneadi, I, 6, 9

 

1      Che vede dunque questa vita interiore? Appena risvegliata, essa non può veder bene gli oggetti risplendenti. Bisogna abituare l’anima stessa a vedere anzitutto le belle occupazioni, poi le belle azioni, non quelle che le arti eseguono, ma quelle degli uomini che diciamo virtuosi, e in seguito l’anima di coloro che compiono queste belle azioni.

2      Ma come si può vedere la bellezza dell’anima buona?

3      Ritorna in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora interiormente bello, fa’ come lo scultore di una statua che deve diventar bella. Egli toglie, raschia, liscia, ripulisce finché nel marmo appaia la bella immagine: come lui, leva tu il superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, purifica ciò che è fosco e rendilo brillante e non cessare di scolpire la tua propria statua, finché non ti si manifesti lo splendore divino della virtú e non veda la temperanza sedere su un trono sacro.

4      Se tu sei diventato ciò; se tu vedi tutto questo; se sarà pura la tua interiorità, e tu non avrai alcun ostacolo alla tua unificazione e nulla che sia mescolato interiormente con te stesso; se tu sei diventato completamente una luce vera, non una luce di grandezza o di forma misurabile che può diminuire o aumentare indefinitamente, ma una luce del tutto senza misura, perché superiore a ogni misura e a ogni qualità; se ti vedi in questo modo, tu sei diventato ormai una potenza veggente e puoi confidare in te stesso. Anche rimanendo quaggiú tu sei salito né piú hai bisogno di chi ti guidi; fissa lo sguardo e guarda: questo soltanto è l’occhio che vede la grande bellezza.

5      Ma se tu vieni a contemplare lordo di cattiveria e non ancora purificato oppure debole, per la tua poca forza non puoi guardare gli oggetti assai brillanti e non vedi nulla, anche se ti sia posto innanzi un oggetto che può essere veduto. È necessario, infatti, che l’occhio si faccia eguale e simile <all’oggetto> per accostarsi a contemplarlo. L’occhio non vedrebbe mai il Sole se non fosse già simile al Sole, né un’anima vedrebbe il bello se non fosse bella.

6      Ognuno dunque diventi anzitutto deiforme e bello, se vuole contemplare Dio e la Bellezza. Salendo, egli arriverà dapprima presso l’Intelligenza e saprà che colà tutte le Idee sono belle e dirà che quella è la bellezza – cioè le Idee: per queste infatti che sono il prodotto e l’essere dell’Intelligenza, esistono tutte le bellezze –. Ciò che è al di là della bellezza è detto la natura del Bene e la Bellezza le sta innanzi tutt’intorno. Cosí con una formula sintetica diremo che la Bellezza è l’essere primo; ma chi voglia distinguere gli intelligibili, chiamerà il Bello intelligibile luogo delle Idee, e il Bene che è al di là lo dirà sorgente e principio del Bello. Altrimenti, si dovrebbe identificare anzitutto bello e bene: comunque, il Bello è lassú <nell’intelligibile>.

 

(Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano, 1992, pagg. 141-143)