Plotino, L’emanazione

Come può accadere che dall’Uno si generino tutte le cose che sono? Non per “volontà” dell’Uno – come sostiene, invece, la tradizione ebraico-cristiana –, perché un atto di volontà sarebbe un segno di imperfezione (chi vuole qualcosa significa che ne ha bisogno, e quindi non è perfetto. Il mondo, secondo Plotino, è generato dall’Uno per emanazione spontanea, per irradiazione, come dal Sole la luce, dal fuoco il calore. Dall’Uno emana l’Intelligenza e dall’Intelligenza emana l’Anima: queste sono le tre ipostasi, la risposta della filosofia neoplatonica alla concezione trinitaria cristiana.

 

Enneadi, V, 1, 6

 

1      [...] Allorché il nostro discorso verte sulle realtà eterne, non intendiamo certo parlare di nascita nel tempo. Quando attribuiamo ad esse, certamente a parole, la nascita, è per assegnare ad esse una causa e un ordine. In realtà, dobbiamo riconoscere che ciò che nasce di lassú, nasce senza che Egli si sia mosso, perché, se qualcosa nascesse solo dopo un suo movimento, il generato sarebbe terzo dopo di Lui e il suo movimento, e non secondo. È dunque necessario, se c’è un secondo dopo di Lui, che esso esista senza che Egli si muova, né che lo desideri, né che lo voglia, né che si compia un movimento qualsiasi. In che maniera dunque, e che cosa dobbiamo pensare del Primo, se Egli resta immobile? Un irradiamento che si diffonde da Lui, da Lui che resta immobile, com’è nel Sole la luce che gli splende tutt’intorno; un irradiamento che si rinnova eternamente, mentre Egli resta immobile. Tutti gli esseri [pánta tà ónta], finché sussistono, producono necessariamente dal fondo della loro essenza [ousía], intorno a sé e fuori di sé, una certa esistenza [ypóstasis], congiunta alla loro attuale virtú, che è come una immagine degli archetipi [archety´pon] dai quali è nata: il fuoco effonde da sé il suo calore, e la neve non conserva il freddo soltanto dentro di sé; un’ottima prova di ciò che stiamo dicendo la danno le sostanze odorose, dalle quali, finché sono efficienti, deriva qualcosa tutto intorno, di cui gode chi gli sta vicino.

2      Tutti gli esseri, giunti a maturità, generano: ciò che è eternamente perfetto genera sempre e in eterno; ma genera qualcosa di inferiore a sé. E che dobbiamo dire del Perfettissimo [teleiótatos]? Nulla da Lui può nascere se non ciò che è il piú grande dopo di Lui; ma il piú grande dopo di Lui, e il secondo, è l’Intelligenza [Noûs]: e l’Intelligenza contempla l’Uno [Mónos] e ha bisogno soltanto di Lui, mentre l’Uno non ha bisogno dell’Intelligenza. E poi: ciò che viene generato da chi è superiore all’Intelligenza è Intelligenza, e l’Intelligenza è superiore a tutte le cose, poiché le altre cose vengono dopo di lei; e l’Anima [psyché], a sua volta, è, diciamo cosí, il pensiero [lógos] e l’atto [enérgheia] dell’Intelligenza, come l’Intelligenza è il pensiero e l’atto dell’Uno.

3      Il pensiero dell’Anima, però, in quanto è immagine dell’Intelligenza, è alquanto oscuro e deve perciò guardare all’Intelligenza, come l’Intelligenza, per essere Intelligenza, deve guardare all’Uno. E l’Intelligenza vede l’Uno senza esserne separata, perché è subito dopo l’Uno e non c’è nulla fra lei e l’Uno, come non c’è nulla fra l’Intelligenza e l’Anima. Ogni cosa, infatti, tende al suo genitore e lo ama, soprattutto quando genitore e generato sono soli; ma quando il genitore è anche il sommo Bene [tò áriston], il generato è necessariamente unito a Lui sí da esserne separato soltanto per alterità [os tê eteróteti].

 

(Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano, 1992, pagg. 803-805)