Plotino, L’Uno e l’Intelligenza

Si tratta delle prime due ipostasi, il confronto fra le quali chiarisce le caratteristiche di entrambe. Plotino riesce a parlare dell’Uno solo affermando di Lui ciò che non è (teologia negativa).

Il termine greco ypóstasis – dal verbo yphístemi, “pongo sotto” – significa “fondamento”, ma anche “esistenza” (modalità di esistere); ypóstasis, come il termine aristotelico ypokeímenon, può essere reso in latino con substantia, ma nella tradizione influenzata dalla teologia cristiana viene spesso tradotto con persona. Le ipostasi sono, comunque, nella filosofia di Plotino, i modi di esistere dell’Essere. Lo stesso filosofo fa riferimento a una analoga “tripartizione dell’Essere” (trittà tà pánta) da parte di Platone: “E, su questo punto, anche Platone insegna tre gradi: Tutto, egli dice, si aggira intorno al Re del tutto <e qui egli si riferisce al Primo>, il secondo è intorno al Secondo,e il terzo intorno al Terzo. Ma egli dice inoltre che la causa ha un Padre e chiama Intelligenza (Noûs) questa causa. Per lui infatti l’Intelligenza è il Demiurgo. Egli afferma che il Demiurgo crea l’Anima [...], e il Padre della causa, cioè dell’Intelligenza, lo chiama il Bene, “ciò che è al di là dell’Intelligenza e al di là dell’Essere” e in parecchi luoghi chiama idea l’Essere e l’Intelligenza. Platone sa dunque che dal Bene proviene l’Intelligenza e dall’Intelligenza l’Anima” (Enneadi, V, 1, 8). I riferimenti a Platone sono: Lettera II, 312 e, 1-4; Lettera VI, 323 d, 4; Fedone, 97 c, 1-2; Timeo, 34 b-35 b, 41 d; Repubblica, 509 b, 9.

 

Enneadi, VI, 9, 3

 

1      [...] Ma l’Intelligenza [Noûs] può vedere soltanto o le cose che sono sopra di lei, o le cose che le appartengono o le cose che da lei provengono. Le cose che sono in lei sono pure; ma piú pure e piú semplici sono le cose che sono prima di lei, o meglio, l’Unico che la precede. Questi, dunque, non è l’Intelligenza, ma è anteriore all’Intelligenza. Poiché l’Intelligenza è “qualcosa” che fa parte degli esseri. Quello, invece, non è “qualcosa”, ma è anteriore a qualsiasi cosa; e nemmeno non è essere, poiché l’essere possiede – diciamo cosí – una forma, la forma dell’essere. Ma l’Uno è privo di forma, privo anche della forma intelligibile.

2      Appunto perché l’essenza dell’Uno è la generatrice di tutte le cose, essa non è nessuna di esse: perciò essa non è “qualcosa”, né è qualità, né quantità, né Intelligenza, né Anima; non è “in movimento” e nemmeno “in quiete”; non è “in uno spazio” né “in un tempo”; essa è in sé solitaria, tutta chiusa in se stessa, o meglio, è l’Informe prima di ogni forma, prima del moto e prima della quiete: poiché tali proprietà appartengono all’essere e lo fanno molteplice. Ma, se Egli non è in moto, perché non è nemmeno in quiete? Perché l’una di queste due alternative, o ambedue, aderiscono necessariamente solo all’essere; e poi, ciò che è in quiete è quieto in virtú della quiete ma non si identifica con essa: perciò quiete e moto gli aderirebbero solo per accidente, ed Egli non sarebbe piú semplice. [...]

(Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano, 1992, pag. 1343)