Plotino
insiste nel sostenere che dell’Uno – indicato anche come “il Bene” (tò agathón) – non si può affermare
nulla in positivo, cosí come non si può affermare ciò che Egli non è. Da ciò si
deduce che qualsiasi affermazione su di Lui diventa impossibile.
Enneadi, VI, 8, 8
Noi vediamo che la libertà non è una
cosa accidentale per Lui, ma, partendo dalla libertà che c’è negli altri esseri
ed eliminando i contrari, osserviamo la libertà in sé: noi cosí trasferiamo a Lui
le qualità inferiori che vediamo negli esseri inferiori, poiché non siamo in
grado di cogliere ciò che dovremmo dire di Lui. Nulla noi sapremmo trovare che
lo riguardi, tanto meno poi che sia attinente alla sua essenza. Tutto ciò che è
bello e santo è posteriore a Lui, poiché di tutto questo Egli è il Principio
(anche se, in un altro senso, non sia nemmeno principio). E come abbiamo
eliminato da Lui ogni proprietà, cosí eliminiamo come cose posteriori la
libertà e il libero arbitrio: questi infatti sono attributi che enunciano una
forza rivolta verso l’esterno, e cioè che Egli non ha ostacoli e che perciò
esistono altre cose di fronte alle quali Egli è libero. È necessario invece
negare che Egli abbia un qualsiasi rapporto con esse, poiché Egli è quello che
è anche prima di esse. Gli togliamo infatti anche il termine “è”, e con esso,
qualsiasi rapporto con gli esseri (tà ónta). [...]
(Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano, 1992, pag. 1307)