La
conoscenza dell’Uno si pone al di là del sapere epistemico; essa si manifesta
come presenza dell’Ineffabile, come visione. Il percorso verso l’Uno è soltanto
individuale, ma utile può essere la guida di un buon maestro.
Enneadi, VI, 9, 4
E le difficoltà ci si presentano
soprattutto perché la conoscenza di Lui [dell’Uno] non si ottiene né per mezzo
della scienza [kat’epistémen], né per mezzo del pensiero [katà nóesin],
come per gli altri oggetti dell’Intelligenza, ma per mezzo di una presenza che
vale di piú della scienza [katà parousían epistémes kreíttona]. L’anima,
quando acquista la conoscenza di qualche cosa, si allontana dalla sua propria
unità e non resta completamente una: la scienza, infatti, è un processo
discorsivo, e codesto processo è molteplicità: perciò, una volta caduta nel
numero e nella molteplicità, essa perde l’Uno. È dunque necessario oltrepassare
la scienza e non deviar mai dall’unitarietà del nostro essere; è necessario
allontanarsi sia dalla scienza, sia dai suoi oggetti e da ogni altra cosa,
anche se sia bella da contemplare: poiché ogni bellezza è inferiore all’Uno,
come la luce del giorno deriva tutta dal Sole. Perciò si dice che Egli è
ineffabile e indescrivibile [oudè retòn oudè graptón]. E tuttavia noi
parliamo e scriviamo per avviare verso di Lui, per destare dal sonno delle
parole alla veglia della visione, come coloro che mostrano la strada a chi vuol
vedere qualcosa. L’insegnamento può riguardare soltanto la via e il cammino; ma
la visione è tutta opera personale di colui che ha voluto contemplare. [...]
(Plotino, Enneadi, Rusconi, Milano, 1992, pag. 1343-1345)