Le geometrie non euclidee hanno messo in
discussione la natura degli assiomi geometrici. La conclusione di Poincaré è
che gli assiomi della geometria non sono “giudizi sintetici a priori” (Kant),
né fatti sperimentali, ma solo convenzioni. Inoltre una geometria non può
essere piú vera di un’altra, ma solo piú comoda.
H. Poincaré, La scienza e l’ipotesi,
trad. it. di F. Albergamo, La Nuova Italia, Firenze, 1949, pagg. 57-59
La maggior parte dei matematici non considera la geometria di Lobacevskij se non come una semplice curiosità logica; alcuni di essi sono andati tuttavia piú lontano. Poiché parecchie geometrie sono possibili, è proprio certo che la nostra è la vera? L'esperienza c'insegna, senza dubbio, che la somma degli angoli di un triangolo è uguale a due retti; ma perché noi non operiamo che su triangoli troppo piccoli; la differenza, secondo Lobacevskij, è proporzionale alla superficie del triangolo; non potrebbe diventar sensibile se operassimo su triangoli piú grandi, o se le nostre misure divenissero piú precise? La geometria euclidea sarebbe in tal caso non altro che una geometria provvisoria. Per discutere questa opinione dobbiamo prima domandarci qual sia la natura degli assiomi geometrici. Sono giudizi sintetici a priori, come diceva Kant? Ci si imporrebbero allora con tal forza, che non potremmo concepire la proposizione contraria, né costruire su di questa un edificio teorico. La geometria non euclidea non sarebbe possibile. Per convincersene, si prenda un vero giudizio sintetico a priori, per esempio questo...: se un teorema è vero per il numero 1, e se si dimostra che esso è vero per n + 1, purché lo sia anche per n, sarà vero per tutti i numeri interi positivi. Si provi poi di farne a meno, e di fondare, negando questa proposizione, una falsa aritmetica, analoga alla geometria non euclidea, – non vi si potrà riuscire; si è anzi tentati, a prima vista, di considerare questi giudizi come analitici. [...] Dobbiamo dunque concludere che gli assiomi della geometria sono verità sperimentali? Ma non si esperimenta su rette o su circonferenze ideali; non si può farlo che su oggetti materiali. A che porterebbero dunque le esperienze fatte al fine di fondare la geometria? È facile la risposta. Abbiamo visto... che si ragiona costantemente come se le figure geometriche si comportassero alla maniera dei corpi solidi. Ciò che la geometria prende prestito dall'esperienza, sono dunque le proprietà di questi corpi. Le proprietà della luce e la sua propagazione rettilinea hanno dato cosí l'occasione, da cui sono sorte alcune proposizioni della geometria, e in particolare quelle della geometria proiettiva; da questo punto di vista, quindi, si sarebbe tentati di dire che la geometria metrica è lo studio dei solidi e che la geometria proiettiva è quello della luce. Ma una difficoltà sussiste, ed è insormontabile. Se la geometria fosse una scienza sperimentale, non sarebbe una scienza esatta, e andrebbe soggetta a una continua revisione. Che dico? Essa sarebbe fin d'ora riconosciuta erronea, poiché sappiamo che non esiste solido rigorosamente invariabile. Gli assiomi non sono dunque né giudizi sintetici a priori né fatti sperimentali: sono convenzioni. La nostra scelta fra tutte le convenzioni possibili è guidata da fatti sperimentali; ma essa resta libera ed è limitata solo dalla necessità di evitare ogni contraddizione. In tal modo i postulati possono rimanere rigorosamente veri, anche quando le leggi sperimentali, che ne hanno suggerita l'adozione, sono approssimative. In altri termini, gli assiomi della geometria (non parlo qui di quelli dell'aritmetica) sono semplici definizioni mascherate. Che si deve quindi pensare della questione circa la verità della geometria? Essa non ha alcun senso. Sarebbe come domandare se il sistema metrico sia vero e false le antiche misure; se siano vere le coordinate cartesiane e false quelle polari. Una geometria non può essere piú vera di un'altra; essa può essere soltanto piú comoda. Ora la geometria euclidea è e resterà la piú comoda: 1° Perché è la piú semplice; e lo è, non solo in rapporto alle nostre abitudini intellettuali, o per non so quale intuizione diretta che noi avremmo dello spazio euclideo; ma anche essa è la piú semplice in sé, come un polinomio di primo grado è piú semplice di un polinomio di secondo grado, e come le formule della trigonometria sferica sono piú complicate di quelle della geometria rettilinea, e tali ancora sembrerebbero a un analista che ne ignorasse il significato geometrico. 2° Perché la geometria si accorda assai bene con le proprietà dei solidi naturali di questi corpi che noi tocchiamo e vediamo, e coi quali facciamo i nostri strumenti di misura.
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991,
vol. II, pagg. 748-749