Fra le
“costituzioni miste” era celebre quella spartana; ma per Polibio nella
costituzione romana l’equilibrio fra i poteri è molto maggiore. La struttura
del potere e il rapporto fra lo Stato e il popolo sono tali da rendere la città
di Roma invincibile.
Storie, VI, 11, 18
1 Come ho detto sopra, tre erano gli organi
dello stato che si spartivano l’autorità; il loro potere era cosí ben diviso e
distribuito, che neppure i Romani avrebbero potuto dire con sicurezza se il
loro governo fosse nel complesso aristocratico, democratico, o monarchico. Né è
il caso di meravigliarsene, perché considerando il potere dei consoli, si
sarebbe detto lo stato romano di forma monarchica, valutando quello del senato
lo si sarebbe detto aristocratico; se qualcuno infine avesse considerato
l’autorità del popolo, senz’altro avrebbe definito lo stato romano democratico.
[...]
2 I singoli organi del governo possono
dunque danneggiarsi a vicenda o collaborare fra loro; il rapporto fra le
diverse autorità è cosí ben congegnato, che non è possibile trovare una
costituzione migliore di quella romana. Quando infatti un pericolo comune
sovrasti dall’esterno e costringa i Romani a una concorde collaborazione, lo
Stato acquista tale e tanto potere, che nulla viene trascurato, anzi tutti
compiono quanto è necessario e i provvedimenti non risultano mai presi in
ritardo, poiché ogni cittadino singolarmente e collettivamente collabora alla
loro attuazione. Ne segue che i Romani sono insuperabili e la loro costituzione
è perfetta sotto tutti i riguardi. Quando poi, liberati dai timori esterni,
essi godono del benessere seguito ai loro fortunati successi e vivono in pace,
se nell’ozio e nella tranquillità, come suole accadere, qualcuno si abbandona
alla prepotenza e alla superbia, subito la costituzione interviene a difendere
l’autorità dello Stato. Se difatti uno degli organi che lo costituiscono
diventa troppo potente in confronto agli altri e agisce con tracotanza, non
essendo esso indipendente come abbiamo detto, ma essendo i singoli organi
legati l’uno all’altro e controllati nella loro azione, nessuno di essi può
agire con violenza e di propria iniziativa. Ciascuno dunque si tiene nei limiti
prescritti o perché non riesce ad attuare i suoi piani o perché fin da
principio teme il controllo degli altri.
(Polibio, Storie, Mondadori, Milano, 1970, vol. II, pagg. 100,
104-105)