Popper critica Habermas

Popper riscrive alcune pagine di un’opera di Habermas per dimostrare che questo filosofo non rispetta l’impegno verso il lettore di essere il piú possibile chiaro nell’esposizione del suo pensiero. Questo impegno, secondo Popper, è legato al valore dell’onestà intellettuale che tutti i filosofi devono avere.

 

AA. VV., Filosofi tedeschi contemporanei, trad. it. di F. Volpi, Città Nuova, Roma, 1980, pagg. 354-358

 

Adorno e Habermas sono tutto fuorché chiari nella loro critica della mia posizione. Per dirla in breve: credono che la mia teoria della conoscenza, poiché essa sarebbe (come loro credono) positivistica, mi costringa a difendere lo status quo sociale. Oppure: il mio (presunto) positivismo gnoseologico mi impone un positivismo morale-giuridico. (Questa era la mia critica a Hegel). Hanno dimenticato che io sono sí un liberale (non rivoluzionario), ma che la mia teoria della conoscenza è una teoria della crescita della conoscenza mediante la rivoluzione intellettuale e scientifica.

Adorno e Habermas non sanno cosa criticano; e non sanno che la loro tesi del legame analiticamente indissolubile di valori e fatti è un positivismo morale-giuridico che deriva da Hegel.

Compendio del libro sul cosiddetto “Positivismusstreit”. Questo libro batte bandiera falsa. Inoltre: il mio contributo, che era il primo sia cronologicamente sia logicamente e che è stato occasione di tutti gli altri, era inteso come base per la discussione: consisteva di ventisette tesi, formulate chiaramente e rigorosamente, che si sarebbero dovute e potute discutere. Ma in questo lungo libro le mie tesi non sono quasi mai citate e il mio contributo è annegato nel mezzo del libro in un mare di parole. In nessuna recensione è stato osservato che alle mie tesi e ai miei argomenti non è stata data risposta. Il procedimento (dove mancano gli argomenti, si sostituiscano con paroloni) fu coronato da successo e le mie tesi annegate sono state dimenticate.

Ma tutto ciò (l'intero “Positivismusstreit”) è soltanto una danza sulle uova di una irrilevanza quasi grottesca.

Riassunto del tutto: sebbene io lavori quasi sempre su problemi scientifici rigorosamente determinati, attraverso tutti i miei lavori passa un filo conduttore: a favore di argomentazioni critiche – contro le parole vuote e contro l'immodestia intellettuale e l'arroganza – contro il tradimento degli intellettuali, come Julien Benda l'ha definito [...]. Sono convinto che noi – gli intellettuali – siamo colpevoli di quasi tutte le miserie, perché combattiamo troppo poco per l’onestà intellettuale. (Alla fine avrà la vittoria il piú rigido antiintellettualismo). In La società aperta dico questo in cento diversi attacchi ai falsi profeti e non ho peli sulla lingua. Ad esempio ho un paio di brevi osservazioni molto severe su Jaspers e Heidegger (vedi l'indice dei nomi di La società aperta, vol. II [...]). “[Ed ecco] quali ragioni io abbia per non voler discutere col professor Habermas.

Ecco le mie ragioni. Consistono (1) in citazioni da Dialettica e positivismo in sociologia, dall'inizio dell'appendice del professor Habermas alla controversia tra Popper e Adorno (nota bene: sino al 26 marzo 1970 non ho mai pubblicato una parola su Adorno o su Habermas) e (2) in mie traduzioni di tali citazioni. Alcuni lettori troveranno che non mi è riuscito di tradurre adeguatamente il testo originale. Può essere. Sono un traduttore abbastanza esperto, ma forse per questo compito sono troppo stupido. Comunque sia, ho fatto del mio meglio.

Lo scopo della mia traduzione non è quello di evitare parole straniere se il loro senso è chiaro (Kooperation = Zusammenarbeit; Antagonismus = Gegnerschalt), bensí per me si tratta solamente di rendere il piú chiaro possibile il contenuto informativo – un po' scarso – di ogni frase, anche se la traduzione dovesse divenire per questo piú lunga dell’originale.

Habermas comincia con una citazione da Adorno, cui egli applaude (Dialettica e positivismo in sociologia, p. 153):

 

(Citazione dal saggio di Habermas)

La totalità sociale non conduce affatto una vita propria al di sopra di quella di ciò che essa raccoglie e di cui essa consiste.

 

(“Traduzione” di Popper)

La società consiste di rapporti sociali

 

Essa si produce e riproduce attraverso i suoi singoli momenti.

diversi rapporti producono in qualche modo la società.

Come quel tutto non deve essere separato dalla vita, dalla cooperazione e dall'antagonismo dei suoi elementi,

In tali rapporti si hanno cooperazione e antagonismo; e poiché (come già detto) la società consiste in tali rapporti, non può essere separata da essi;

cosí, viceversa, nessun elemento può essere compreso (neppure limitatamente al suo funzionamento) senza considerare il tutto che ha la sua essenza nel movimento del singolo stesso.

ma vale anche il contrario: nessun rapporto può essere compreso senza gli altri.

Sistema e singolarità sono reciproci, e possono essere conosciuti solo nella loro reciprocità

(Ripetizione di quanto sopra)

 

(Osservazione: la teoria della totalità qui presentata è già stata presentata infinite volte e molto spesso in modo migliore; ma ogni volta le parole diventano piú imponenti). Il professor Habermas parla ora da solo:

 

Adorno concepisce la società avvalendosi di categorie che non negano di provenire dalla logica hegeliana.

Adorno usa un modo di esprimersi che ricorda Hegel.

Egli intende la società come totalità nel senso rigorosamente dialettico, che vieta di concepire organicamente il tutto secondo la formula: il tutto è piú della somma delle sue parti;

Non dice perciò (sic) che il tutto è piú della somma delle sue parti;

ma la totalità è altrettanto poco una classe che si possa determinare – secondo la logica estensionale – come l'insieme di tutti gli elementi che essa comprende.

l’intero è altrettanto poco (sic) una classe di elementi.

 

E cosí via. Alla stessa pagina, piú avanti, si trova ad esempio:

 

La totalità del contesto sociale...

Noi tutti stiamo in qualche modo in relazione...

 

Oppure a p. 155:

 

Le teorie sono schemi ordinatori che costruiamo liberamente entro una cornice sintatticamente vincolante.

Le teorie non dovrebbero essere formulate senza grammatica; altrimenti si può dire ciò che si vuole.

Esse mostrano di poter essere utilizzate per un certo particolare campo di oggetti, quando la molteplicità reale Si accorda con esse.

Sono poi applicabili a un ambito particolare, quando sono applicabili.

 

K. R. Popper, Logica della ricerca e società aperta, Antologia a cura di D. Antiseri, La Scuola, Brescia, 1989, pagg. 401-405