Popper
parte da Voltaire, che fonda la tolleranza sull’imperfezione umana per cui
dobbiamo perdonarci gli uni gli altri, ma egli osserva anche che alla
tolleranza ci sono dei limiti e ne enumera tre. Segue la distinzione fra
relativismo e pluralismo critico. Egli infine riassume i suoi ripensamenti
sulla tolleranza dopo i fatti che la storia ci ha posto davanti in questo
secolo.
K. R. Popper, Toleration and intellectual
responsability [Tolleranza e responsabilità intellettuale]
Il titolo della mia lezione “Tolleranza e responsabilità intellettuale” allude ad una tesi di Voltaire, il padre dell’Illuminismo, un argomento a favore della tolleranza. Voltaire si chiede: “Che cos’è la tolleranza?” e risponde (traduco liberamente):
“La Tolleranza è la necessaria conseguenza della comprensione della nostra imperfezione umana. Errare è umano e a noi questo capita continuamente. Perciò perdoniamoci gli uni gli altri le nostre follie. Questo è il primo principio del diritto naturale”.
Qui Voltaire fa appello alla nostra onestà intellettuale: noi dobbiamo ammettere i nostri errori, la nostra imperfezione, la nostra ignoranza. Voltaire conosce benissimo che i fanatici esistono. Ma la loro convinzione è veramente onesta? Hanno essi onestamente esaminato se stessi, ciò in cui credono e le ragioni per sostenere ciò di cui sono convinti? E non è l’attitudine all’autocritica una parte dell’onestà intellettuale? E non ha il fanatismo spesso cercato di negare la nostra non ammessa incredulità, che abbiamo represso, e talvolta ne siamo solo parzialmente consci?
Voltaire si appella alla nostra modestia intellettuale; e soprattutto il suo appello alla nostra onestà intellettuale fece una grande impressione sugli intellettuali del suo tempo. Mi piacerebbe riaffermare qui il suo appello.
La motivazione data da Voltaire in favore della tolleranza è che noi dobbiamo perdonarci gli uni gli altri le nostre follie. Ma una follia comune come quella della intolleranza Voltaire trova giusto che sia difficile da tollerare. Invero è qui che la tolleranza ha i suoi limiti. Se noi concediamo all’intolleranza il diritto di essere tollerata, allora noi distruggiamo la tolleranza, e lo stato di diritto. Questo è stata la sorte della Repubblica di Weimar.
Ma a parte l’intolleranza, vi sono ancora altre follie che noi non dovremmo tollerare; soprattutto quella follia che fa sí che gli intellettuali seguano le ultime mode; quella follia che ha spinto molti scrittori a adottare uno stile oscuro e che vuole impressionare, quello stile criptico che Goethe ha criticato in modo cosí radicale nel Faust (per esempio la tavola della moltiplicazione delle streghe). Questo stile, lo stile delle parole grandi e oscure, delle parole pompose ed incomprensibili, questo modo di scrivere non dovrebbe affatto essere ammirato e neppure tollerato dagli intellettuali. Esso rende possibile quella filosofia che è stata descritta come relativismo; una filosofia che porta alla tesi che tutte le tesi sono intellettualmente piú o meno difendibili. Tutto è accettabile! Cosí il relativismo porta all’anarchia, alla mancanza di leggi, e al dominio della violenza.
L’argomento da me scelto “Tolleranza e responsabilità degli intellettuali” mi ha portato alla questione del relativismo.
A questo punto mi piacerebbe confrontare il relativismo con una posizione che è quasi sempre confusa col relativismo, ma che invece è totalmente differente da esso. Io ho spesso descritto questa posizione come pluralismo, ma ciò ha semplicemente portato a questi fraintendimenti.
Pertanto lo caratterizzerò qui come pluralismo critico. Il piú confuso relativismo, che sorge da una scadente forma di tolleranza, porta al dominio della violenza, il pluralismo critico può contribuire a tenere la violenza sotto controllo.
Allo scopo di distinguere il relativismo dal pluralismo critico, l’idea di verità è di cruciale importanza. Il relativismo è la posizione che tutto può essere affermato, o praticamente tutto. Tutto è vero, o niente è vero. Pertanto la verità è un concetto senza significato.
Il pluralismo critico è la posizione che, nell’interesse della ricerca della verità, per tutte le teorie, le migliori in particolare, dovrebbe essere favorita la competizione con tutte le altre teorie. Questa competizione consiste nella discussione razionale delle teorie e nell’eliminazione critica. La discussione dovrebbe essere razionale – e ciò significa che dovrebbe avere a che fare con la verità delle teorie in competizione: la teoria che sembra avvicinarsi di piú nel corso della discussione critica è la migliore; e la teoria migliore rimpiazza la teoria piú debole. Pertanto la questione in gioco è quella della verità.
K. R. Popper, In search of a better World
[Alla ricerca di un mondo migliore], Rodledge, London-New York, 1992,
pagg. 190-191 [trad. di G. Zappitello]