Platone presenta Protagora come vero
maestro della politikè
téchne: un filosofo da non confondersi con gli altri sofisti, che,
secondo lui, invece rovinano i giovani.
Fr. 80 A 5 DK (Platone, Protagora,
317 b, 317 c, 318 a, 318 e, 319 a, 348 e)
[La scena nel 431 a.C.
circa; parla Protagora] Io dunque ho preso la via del tutto opposta [a
quella di sofisti camuffati da poeti, iniziati, ginnasti, musici, ecc.] e
convengo d’esser sofista, e di educare gli uomini [...]. E sí che da molt’anni
sto nell’arte; perché ne ho parecchi addosso! né v’è alcuno tra voi, al quale
non potrei, quanto a età, essere padre [...]. Ragazzo mio, se tu frequenterai
la mia scuola, già il primo giorno che verrai potrai tornartene a casa migliore;
e il giorno dopo lo stesso; e cosí ogni giorno potrai progredire verso il
meglio [...]. Gli altri rovinano i giovani; sfuggiti questi alle scienze
speciali, li riconducono loro malgrado e li ricacciano nelle scienze speciali,
insegnando loro e calcolo e astronomia e geometria e musica (e qui dette
un’occhiata a Ippia); mentre chi vien da me, non altro studierà se non quello
per cui viene. Materia di questo studio è un retto discernimento tanto nelle
cose domestiche – quale sia il miglior modo di amministrare la propria casa –
quanto nelle politiche – in che modo si divenga abilissimi al governo, sia con
l’opera, sia con la parola [...]. [Socrate e Protagora] Se ho ben
capito, mi sembra che tu alluda alla scienza politica, e che tu t’impegni a
rendere gli uomini bravi cittadini. – Questa è appunto, o Socrate, la
professione che professo [...]. [Socrate] – E sei tanto sicuro di te
stesso, che mentre gli altri esercitano questo insegnamento di nascosto, tu ti
sei fatto banditore di te stesso apertamente davanti a tutti i Greci
chiamandoti sofista, e ti sei esibito maestro di cultura e di virtú,
pretendendo, tu per primo, di farti pagare per questo.
(I
Presocratici, Laterza, Bari, 19904, pagg. 878-879)