L’essere assolutamente preponderante, proprio perché di fronte ad esso non si può dire che qualcosa sussista, ma tutto è nulla, proprio per questo, nella sua infinita pienezza, pone in essere questo qualcosa. Dio è irrelatività assoluta, eppure è posizione di una relazione. Dio è in sé e per sé, autosufficiente e totale, eppure costituisce un essere col quale entra in rapporto, e rispetto al quale è in termine di relazione. Dio è fuori d’ogni rapporto possibile, eppure è termine di rapporto: irrelatività e relatività. Questa coincidenza di irrelatività e relatività può sussistere solo in quanto si ponga l’una a base dell’altra: l’irrelatività è fondamento della relatività. Dio è termine della relazione proprio in quanto è centro della relazione, e, quindi, veramente, non dentro la relazione ma fuori da essa. Non si può dire che la relazione includa Dio, ma che Dio include la relazione. Dio è un tal termine del rapporto ch’è a un tempo la condizione del rapporto. ... Dio è l’impossibilità e la possibilità del rapporto teandrico; ne è l’impossibilità in quanto Dio è irrelatività assoluta, cioè fuori da ogni rapporto, eppure ne è la possibilità in quanto Dio è, ancora, irrelatività assoluta, cioè centro e fondamento di ogni rapporto. Proprio l’irrelatività di Dio è fondamento insieme dell’impossibilità e della possibilità del rapporto teandrico: quindi proprio l’irrelatività di Dio è fondamento della sua relatività. [...] La relatività di Dio è, dunque, la sua trascendenza. Come trascendente, Dio è coronamento, complemento, conclusione del mondo storici: fine dell’iniziativa e senso della storia.
[Pareyson, Esistenza e persona pag. 148-150]